Si chiama Rob O’Neill e dice di essere il soldato americano che uccise Osama bin Laden nel suo compound di Abottabad, in Pakistan. Trentotto anni nato nel Montana, nel weekend sarà trasmesso da fox news il racconto che O nail fa dell’ uccisione di Osama Bin Laden, avvenuta il 1 maggio 2011, di cui dice di essere l’artefice.
Fino ad oggi L’identità del militare che uccise uno dei terrosti piu’ temuti al mondo era rimasta segreta: è stata rivelata, qualche giorno fa, dal sito specializzato in news militari: sofrep.com e confermata dal padre dell’ex soldato al Daily Mail.
Il boia del terrorista finora conosciuto come “the Shooter“, ha scelto di uscire allo scoperto, rivelando non solo la sua identità anagrafica, ma anche soprattutto quella di militare delle famigerate e oscure forze militari speciali dello Stato Americano federale: i Navy Seal. O’Neill racconta di esser stato emarginato quando, dopo 16 anni di servizio, ha lasciato le Forze Armate.
“Mi hanno offerto un posto in un distributore di birra in Michigan, manco fossi un pentito di Mafia”, aveva esordito in un’intervista sotto anonimato al mensile Esquire: sicuramente non un lavoro adatto ad un militare con 52 stellette sul petto e le cui imprese hanno ispirato almeno tre film di Hollywood. O’Neill infatti è il primo commando sbarcato sulla nave container Maersk Alabama sequestrata dai pirati somali nel 2009: incidente drammatizzato in “Captain Phillips” con Tom Hanks.
L’ identità rivelata rappresenta la violazione di una norma dei servizi speciali americani che è: la totale anonimato dei militari che catturano, e in casi come questo, uccidono i terroristi di cui si occupa questa forza militare statale. Lo stesso presidente Barack Obama aveva lodato la riservatezza delle forze speciali: “Gli americani non ne conoscono il nome, ma stasera provano soddisfazione per quanto hanno fatto”.
Una delle ragioni della segretezza è il timore di rappresaglie, ma al Daily Mail, O’Neill padre ha detto di non aver la benchè minima paura: “La gente ci chiede se non temiamo che l’Isis verrà a prenderlo. Io dipingerò un grande bersaglio sulla porta della mia casa: venite pure”. la decisione di fare “coming out” ha creato non poco scompiglio nell’ambiente militare, che non ha apprezzata l’iniziativa di O neil, interpretata come sete di fama e non curanza della propria missione: in una lettera fatta circolare online su siti e chat group militari, i comandanti di O’Neill hanno infatti usato espressioni come: “l’egoismo di chi esce in piazza, spinto da desiderio di fama e di guadagni“, una scelta che “svilisce anni di altrimenti onorato servizio, coraggio e sacrificio”.
Ma O’Neill non è il solo di Abbottabad a infrangere la storica riservatezza dei servizi specilai: nel 2012 Matt Bissonette, uno dei 23 che presero parte a l’operazione Neptune Spear, ha scritto un libro, “No Easy Day“, nel quale descrive il raid, e ora è pronto fare il bis con un nuovo tomo, “No Hero“, in libreria la prossima settimana, che racconta una storia diversa da quella di O’Neill.
In comune pero’, i due ex Navy Seal hanno l’ostracismo a cui il Pentagono li ha sottoposti: “Preferirei tornare al fronte contro l’Isis piuttosto che subire quanto ho subito in questi due anni”, ha detto l’ex commando che, per aver pubblicato il docu-libro senza il consenso dei militari, è stato condannato a pagare al Pentagono 4,5 milioni di dollari di risarcimento.