SPIAGGE LIBERE: una buffonata privata tutta italiana

Secondo il rapporto 2019 di Legambiente, oltre il 50% delle spiagge italiane sono private, riducendo così a meno della metà la percentuale di spiagge libere.

Secondo il dossier 2019 di Legambiente, in Italia meno della metà delle spiagge sono libere. Le concessioni demaniali marittime sono 52.619, di cui 11.104 per stabilimenti balneari, 1.231 per campeggi, circoli sportivi e complessi turistici e le restanti per diversi utilizzi commerciali.

Leggendo i dati integrali sui litorali del nostro paese, ci viene mostrato come le concessioni relative a stabilimenti, campeggi ed altre attività turistiche superino il 50% di occupazione delle spiagge, rendendole di fatto spiagge private:

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  • In Liguria ed Emilia-Romagna circa il 70% delle spiagge è occupato da stabilimenti commerciali;
  • In Campania il 67,7% ;
  • Nelle Marche il 61,8 ;
  • In Versilia (Toscana) il 52% ;

Balneazione illegale:

Le situazioni di balneazione illegale sono davvero molte sulle nostre coste, d’altronde che razza di italiani saremmo se rispettassimo la legge? Nelle zone di Roma, Napoli e Salento,  sono presenti muri, barriere e dune sbancate che impediscono di vedere e di accedere al mare. In Veneto, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia e Sicilia quasi il 10% delle coste è interdetto alla balneazione per ragioni di inquinamento.

Normativa sulle spiagge libere:

Nel nostro stivale non c’è una legge nazionale sul numero massimo di spiagge libere che possono essere date in concessione per scopi commerciali o imprenditoriali e le Regioni sono libere di prendere le loro decisioni, mantenendo così molto bassa la percentuale di spiagge libere. In Molise, la legge regionale prevede solamente il 30% di spiagge libere, esattamente come in Calabria. Nelle Marche la legge stabilisce questa percentuale solamente al 25%, mentre in Campania ed Abruzzo al 20%. La coppa del nonno la vincono però Toscana, Basilicata, Sicilia, Friuli Venezia Giulia e Veneto, dove addirittura non esiste proprio una normativa regionale che affermi una percentuale minima destinata alle spiagge libere.

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Guadagni:

Privatizzare le spiagge procura ovviamente cospicui incassi per i privati a discapito dello Stato, che mantiene bassi i canoni demaniali di concessione. Solo nel 2016, in attesa di un nuovo rapporto, si è calcolato come lo Stato abbia incassato appena 103 milioni di canoni, a fronte di un giro d’affari privato di più o meno 15 miliardi. Una beffa assoluta.

La farsa, se vi erano dubbi, è tutta italiana. Nel 2009 l’UE aveva avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, chiedendo la messa a gara delle concessioni, ma il nostro paese l’ha ignorata e disposto la proroga automatica delle concessioni sino al 2020, bocciata però dalla Corte di Giustizia UE nel 2016.

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Riccardo Chiossi