28 ottobre, ore nove il Quirinale si prepara a accogliere l’ex membro del pool anti-mafia Giuseppe di Lello, giunto da Palermo a roma per raccogliere la deposizione di Napolitano. Poche ore dopo, il testo dell’interrogatorio è stato messo on-line sul sito della Presidenza della Repubblica: ben 86 pagine , in cui il presidente parlando del suo consigliere giuridico Nico D’Ambrosio ha detto: “Era animato da spirito di verità, formavamo una squadra di lavoro”.
“D’Ambrosio non preannunciò dimissioni” – “D’Ambrosio non mi preannunciò nè la lettera, nè le dimissioni. Era preso da questa vicenda, era anche un po’ assillato da queste telefonate, punto e basta”. Ecco le parole del presidente in risposta alla domanda sulla lettera ricevuta dall’ex consigliere giuridico Loris D’Ambrosio, in cui quest’ultima preannunciava le sue dimissioni. Napolitano parla di un D’Ambrosio “insofferente” dopo “la pubblicazione delle sue telefonate con Mancino”.
“Via D’Amelio accelerò decreto 41 bis” – “Sono convinto che la tragedia di via D’Amelio rappresentò un colpo di acceleratore decisivo per la conversione del decreto legge 8 giugno ’92 sul carcere duro”. Napolitano ha poi aggiunto: “Non credo che nessuno, allora, pensò che in una situazione così drammatica si potesse lasciare decadere il decreto alla scadenza dei 60 giorni, per poi rinnovarlo”. “Ci fu la convinzione – ha precisato Napolitano – che si dovesse assolutamente dare questo segno all’avversario, al nemico mafioso”.
“Rischio attentato a vertici dello Stato? Fui avvisato” – La comunicazione del rischio attentati a Giovanni Spadolini, allora presidente del Senato, e a lui stesso, all’epoca presidente della Camera, il capo dello Stato Giorgio Napolitano la ebbe dal capo della polizia, Parisi, “e non avevo dubbi che la facesse sì personalmente lui, ma che la facesse a nome del Ministero dell’Interno” Nicola Mancino, e a proposito di quest’ultimo aggiunge: “Non ricordo che mi sia stata comunicata alcuna ulteriore precisazione da parte del Ministro dell’Interno che in quel momento era esattamente il Ministro Mancino, ma certamente sapeva benissimo che… O aveva addirittura autorizzato lui, il Prefetto Parisi, a venire da me per parlarmene”, si legge nei verbali. Nel processo Stato-mafia Mancino è imputato di falsa testimonianza.
“Stragi’93 furono aut-aut dei boss” – Per Giorgio Napolitano le stragi mafiose del ’93 “si susseguirono secondo una logica mafiosa finalizzata a mettere i pubblici poteri di fronte a degli aut aut, perché potessero avere per sbocco una richiesta di alleggerimento delle misure di custodia in carcere dei mafiosi”.
“Nel ’93 Ciampi temette un colpo di Stato” – “Quando il presidente del Consiglio Ciampi dice abbiamo rischiato un colpo di Stato, se non c’è allora fibrillazione vuol dire che il corpo non risponde a nessuno stimolo”. Così Napolitano rispondendo alle domande sulle fibrillazioni istituzionali nate in seguito alle stragi del ’93. Napolitano ha citato il blackout a Palazzo Chigi, ad agosto, definendolo “un classico ingrediente di colpo di Stato”.
“Ricatto mafia per destabilizzare sistema” – Con le bombe del ’93 ci fu un ricatto della mafia?, viene chiesto al presidente. “Ricatto o addirittura pressione a scopo destabilizzante di tutto il sistema”, è la riposta di Napolitano. L’aut-aut poteva “avere per sbocco la destabilizzazione politico-istituzionale del paese. Probabilmente presumendo che ci fossero reazioni di sbandamento delle Autorità dello Stato”.