Svelata l’identità del boia inglese dell’Isis.

 

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Lo spietato boia dell’Isis dal forte accento inglese, comparso la prima volta nel video della decapitazione del giornalista americano James Foley, ha un nome: Mohamed Emwazi. Come ha rivelato la Bbc citando fonti di Scotland Yard, Il 27enne di origine kuwaitiana, cresciuto nella zona Ovest di Londra a Queen’s Park, era da tempo tenuto sotto controllo dagli investigatori.

Tutto comincia nel 2009, anno della conversione all’estremismo islamico dopo un viaggio in Tanzania in compagnia di due amici, un tedesco convertito all’Islam di nome Omar e un certo Abu Talib. Il motivo del viaggio secondo i tre era un safari ma secondo la polizia locale il loro vero intento era quello di unirsi alla guerriglia jihadista somala. I tre vennero quindi fermati e arrestatili all’aeroporto di Dar Es Saalam  per poi essere espulsi. A questo viaggio ne seguì un altro nel 2010, questa volta in Kuwait. Al suo ritorno fu arrestato dall’antiterrorismo britannico e incluso nella lista dei terroristi da tenere sotto controllo, vietandogli l’espatrio. Da quel momento le uniche tracce che si hanno di lui riguardano un breve soggiorno in Arabia Saudita nel 2012, anno in cui si stabilizza in Siria, e da dove mantiene i contatti con la sua famiglia a Londra.

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Il ragazzo viene ricordato dagli abitanti del quartiere dove è cresciuto come un tipo che amava vestirsi con stile e seguire la moda occidentale. Frequentava la moschea di Greenwich e si era laureato in informatica all’Università di Westminster. Il direttore del gruppo di attivisti musulmani britannici Cage, Asim Qureishi, in una conferenza stampa a Londra, ha affermato di averlo riconosciuto nei fotogrammi e di essere molto sorpreso della sua svolta fondamentalista in quanto lo ricorda come una persona gentile e umile, molto diversa da quello che appare nei video. Secondo la testimonianza di un ex ostaggio detenuto nel 2013 dall’Isis, Jihadi John, come venne rinominato dai detenuti, sorvegliava insieme ad altri inglesi jihadisti una prigione del Califfato chiamata The Box, partecipando agli interrogatori di almeno quattro ostaggi occidentali praticando il waterboarding, forma di tortura che consiste nell’immobilizzare un individuo così che i piedi siano più in alto della testa e gettargli acqua in faccia.