Politicamente corretto? No, grazie…io scelgo la libertà d’espressione
Tra lo scempio, i wind days e la proiezione del docu-film all’università, Taranto sembra essere sempre più soffocata dalle problematiche e dalle vicissitudini che, purtroppo, non la lasciano respirare.
I tarantini son stufi delle condizioni in cui sono “costretti” a vivere e, nonostante tutto, sperano in un futuro migliore, sperano in un cambiamento, sperano nella salvezza, sperano che, un giorno, non molto lontano, la loro voce possa essere ascoltata e che Taranto ritorni a splendere nella sua magnificenza.
A tal proposito, l’ideatore del progetto volontario Plasticaqquà di Taranto, Giuseppe Internò, ha espresso il suo punto di vista in merito a quanto si sta verificando nel capoluogo ionico, nel corso degli ultimi giorni, facendo riferimento a taluni fattori che, con molta probabilità, non contribuiranno al miglioramento e/o al tanto desiderato cambiamento.
Di seguito, le parole proferite da Internò:
“Il politically correct – esordisce – lo lascio volentieri agli ipocriti e a quelli che vogliono piacere a tutti a tutti i costi. Dopo questo mio pensiero, probabilmente, risulterò antipatico a più di qualcuno. Non mi importa, lo considero il prezzo da pagare per esprimermi in maniera libera e diretta e senza troppi giri di parole. “Arrogante e presuntuoso”, bisbiglierà qualcuno. È così che fanno coloro i quali preferiscono percorrere vie brevi e autoassolversi rimandando qualsiasi riflessione ed autocritica: cercano il nemico singolo, lo tacciano e lo isolano. Non sono interessato – ribadisce – a compiacere menti cieche né a far parte di sette o di branchi.
In questi giorni – racconta Internò – sono letteralmente scioccato dall’ignoranza e dall’incapacità di riflessione e reazione della gente che mi circonda. Anche gente per cui provo stima oltre che simpatia o che, in qualche modo, considero dalla “mia parte”.
Senza ripercorrere la cronistoria di una lunga e imperterrita agonia – esplica preferendo discutere di quanto si sta verificando, attualmente, sul capoluogo ionico – negli ultimissimi giorni sull’inquinamento a Taranto, sono stati diffusi dati terrificanti che hanno giustificato dei divieti imposti dal vicinissimo comune di Statte che hanno limitato la libertà di cittadini, agricoltori, lavoratori e imprenditori.
Da giorni – illustra con delicata attenzione, esponendo peculiarmente quanto avvenuto in questi giorni (e quanto avviene da diversi anni) – il quartiere Tamburi è battuto da forti raffiche di vento che hanno portato nelle nostre case, sulle nostre tavole e sui nostri cuscini, parte dei 78 ettari di polveri depositate nei parchi minerali dell’Ilva. Camminando a piedi mi son sentito pungere ripetutamente la pelle dal minerale. Mi ha sporcato il volto, è entrato nei miei occhi, nelle mie orecchie e nella mia bocca quel veleno che io non ho richiesto.
I bambini sono stati esonerati con ordinanza sindacale dal frequentare le scuole dei Tamburi a causa della maggior incidenza dell’inquinamento durante i Wind Day. Peccato però che – sottolinea – stamattina fossero in giro a giocare per strada, come un qualsiasi bambino dovrebbe poter fare a quell’età“.
Facciamo i conti con la realtà
“Ogni maledetto giorno – proferisce amaramente – vengo a conoscenza di un nuovo malato di tumore, di una morte prematura, di un viaggio della speranza. Ogni maledetto giorno, mentre ci si scambia queste informazioni da necrologio senza sosta, si è coscienti di essere in attesa della successiva estrazione della lotteria della morte che, prima o poi, colpirà anche noi. Qui si attende, con rassegnazione, in silenzio.
E voi che fate? – il quesito metaforico al quale fanno seguito le corrispettive repliche dello stesso Internò –
- Glorificate chi preferisce limitare la libertà altrui e privare del diritto allo studio i bambini dei Tamburi anziché emettere un provvedimento urgente per la chiusura della causa di una carneficina che si protrae da mezzo secolo. “Il sindaco nulla può a riguardo” secondo voi esperti giuristi. Ma può firmare un provvedimento a tutela dell’incolumità pubblica per dare un segnale forte. Proprio come il segnale puramente mediatico che ha voluto dare al PD e al governo con la chiusura delle scuole dei Tamburi, solo che le conseguenze sono ad esclusivo carico dei cittadini, dei bambini. Ancora una volta.
- Alcuni chiedono alla gente di evitare di diffondere foto e dati sull’inquinamento per non ledere all’immagine della città. Forse non avete visto i cartelli nei mercati italiani con le scritte “Cozze NON di Taranto” (le cozze di Taranto – sottolinea Internò – hanno tradizione millenaria e, solo quelle del primo seno del mar piccolo sono contaminate e la loro vendita è vietata; mentre, quelle del secondo seno e dei giardini dei mitili spostati in mar grande, sono sottoposte a rigidi controlli e sono commestibili).
Agire per cambiare le sorti della città
“Forse – asserisce Internò – non avete mai cercato Taranto su Google. Forse credete che le foto dei tramonti e del mare abbiano gli stessi effetti dei farmaci chemioterapici. Forse non vedete, non sentite e non parlate. Forse non avete capito un cazzo.
E voi che fate? – domanda in maniera allegorica – Altri come forma di “protesta contro l’Ilva” invitano la gente ad usare tutti la stessa immagine profilo di Facebook anzichè scendere per strada con il sangue agli occhi e la bava alla bocca, reazione che sarebbe anche abbastanza cortese visto come ci stanno ammalando, uccidendo ed impoverendo.
Volete sapere che fate secondo me? – conclude metaforicamente –
Fate il gioco del nemico. Fate ridere. Fate morire dal ridere. Null’altro“.