Acciaieria Taranto: autogol giallo-rosso?

La crisi dell'ex Ilva di Taranto si aggrava: un comma del contratto d'affitto ha permesso ad Arcelor Mittal di esercitare il diritto di recesso, spiazzando il governo.

La vicenda dell’ex Ilva è sempre più ingarbugliata, infatti il colosso franco-indiano Arcelor Mittal si defila dall’acciaieria di Taranto e si sospetta l’autogol giallo-rosso.

Acciaieria Taranto: autogol giallo-rosso? Il rimpallo delle responsabilità

Da giorni governo e dirigenza della multinazionale dell’acciaio si rimpallano le responsabilità ma oltre diecimila dipendenti, che raddoppiano con l’indotto, restano con il fiato sospeso.

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La crisi del settore pesa parecchio e Arcelor Mittal, a dire la verità, aveva ridimensionato i piani produttivi per Taranto, con una riduzione da 6 milioni di tonnellate a 4,5 di quest’anno.

D’altra parte, il governo di Giuseppe Conte punta il dito contro Arcelor Mittal, accusandolo di usare in modo strumentale la decadenza della tutela legale per giustificare la sua fuga.

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Acciaieria Taranto: autogol giallo-rosso o colpa dei manager?

Federico Giuliani mette in evidenza un dettaglio che rischiava altrimenti di passare un pò inosservato, ma che capovolge la prospettiva evidenziando, per l’acciaieria di Taranto, l’autogol giallo-rosso.

Il gruppo Arcelor Mittal non è proprietario dell’azienda, infatti ha stipulato un contratto d’affitto con lo Stato italiano che la controlla e l’aveva anche commissariata dopo l’uscita di scena della famiglia Riva.

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Il governo aveva promesso uno scudo legale al nuovo management, in cambio di massicci investimenti per la produzione e il risanamento ambientale dell’azienda.

Ma, a fine ottobre, lo scudo è stato cancellato in Parlamento su proposta del Movimento 5Stelle con un disegno di legge sulle imprese.

Tuttavia, il partito Democratico ha appoggiato l’iniziativa grillina, per evitare uno scontro nella maggioranza.

I detonatori legali che hanno fatto esplodere il caso ex Ilva

Tutto nasce dal paragrafo 27.5 del contratto d’affitto che Giuliani cita precisando che il quotidiano La Verità ha letto direttamente il documento.

Ecco il passaggio decisivo in perfetto burocratese che mostra, per l’acciaieria di Taranto, l’autogol giallo-rosso:

“Nel caso di una sentenza definitiva o esecutiva non sospesa negli effetti ovvero con decreto del Presidente della Repubblica anch’ esso non sospeso negli effetti, ovvero con o per effetto di un provvedimento legislativo o amministrativo non derivante da obblighi comunitari, sia disposto l’annullamento integrale del decreto del presidente del Consiglio dei ministri.

Nel caso in cui sia disposto l’ annullamento in parte tale da rendere impossibile l’esercizio dello stabilimento di Taranto, () entro il termine di 15 giorni () ha il diritto di recedere dal contratto attraverso una comunicazione scritta”.

Secondo l’accordo tra le parti, il paragrafo 27.5 è diventato un campo minato per il governo, cioè per Conte.

In pratica, il passaggio chiarisce che eventuali modifiche legislative non europee possono rendere nullo il contratto.

Il disegno di legge salva imprese dei 5Stelle non prevede più lo scudo legale, così che si cambiano le carte in tavola, e il provvedimento è italiano perché non si basa su una direttiva di Bruxelles.

Le conclusioni di Arcelor Mittal

Di conseguenza, Arcelor Mittal ha colto l’occasione per tirarsi indietro decidendo la rescissione del contratto per “giusta causa“.

Secondo molti opinionisti, il governo si è letteralmente scavato la fossa, offrendo un assist formidabile alla multinazionale franco-indiana che può richiamarsi al diritto di recesso, perché il governo ha cambiato il quadro normativo.

Le ragioni del governo Conte e l’effetto boomerang

Conte accusa Arcelor Mittal di non onorare il contratto, a causa delle nuove condizioni di mercato.

Sebben questo sia vero, perché la multinazionale ha ridotto la produzione di acciaio per la congiuntura economica, Arcelor Mittal ha inoltre dichiarato che ci sono 5.000 addetti in esubero, in modo da ridurre i problemi di gestione.

Conte non vuole perdere nessun posto di lavoro, ma Arcelor Mittal non vuole rimetterci. Non c’è dubbio però che il governo giallo-rosso ha offerto il destro legale e ora si trova nei guai.

Trovare la quadratura del cerchio diventa ora quasi impossibile e la strada del commissariamento sembra farsi strada.

L’Italia dovrebbe accollarsi tutte le spese di bonifica ambientale, senza ignorare che il settore è in crisi, quindi mantenere tutti i posti di lavoro sarà una sfida.

Senza contare che Arcelor Mittal aveva già investito almeno duecento milioni nella bonifica, ma Pd e 5Stelle litigano sulla strategia da adottare e navigano a vista sul futuro dell’acciaio italiano.

Il premier Conte corre al Quirinale da Sergio Mattarella che osserva l’ingarbugliarsi della matassa e preferirebbe non intervenire, a condizione che il governo esca dall’impasse, altrimenti la situazione potrebbe precipitare.

L’impatto sugli altri stabilimenti ex Ilva

Gli altri stabilimenti ex Ilva sono in agitazione e non potrebbe essere altrimenti.

Taranto occupa infatti 8.277 addetti, ma altri 1.016 sono a Genova, 681 a Novi Ligure, in provincia di Alessandria, e quasi quattrocento operano in Lombardia tra Milano e Paderno Dugnano, in Veneto tra Legnaro e Marghera e a Racconigi nel cuneese.

E proprio dal capoluogo ligure il governatore della Liguria Giovanni Toti ha dato fuoco alle polveri annunciando una mobilitazione generale, paragonabile a quella di alcuni anni fa in difesa di Fincantieri.

Il governo tira fuori alcune soluzioni che sono peggio del danno provocato. La nazionalizzazione di Ilva a spese del contribuente l’abbiamo già vissuta con Alitalia.

Significa scaricare su tutti noi i guai che il governo non ha saputo risolvere” – ha precisato Toti.

La reazione dei sindacati

I sindacati genovesi dichiarano che è la battaglia di tutta la città e il segretario generale della Fiom Cgil Genova Bruno Manganaro non usa mezzi termini:

L’atteggiamento del Governo su Arcelor Mittal è totalmente irresponsabile. Il Governo si divide sulla tassazione sulle bottigliette di plastica e si dimentica di 15 mila lavoratori tra diretti e indotto.

Il lavoro non è considerato centrale nell’agenda politica del Governo che ha giocato su un contratto e il conseguente accordo sindacale, firmato solo un anno fa, smontandolo subito dopo a scapito dei lavoratori“.

Per Antonio Apa, segretario generale Uilm Genova: “Zingaretti, Renzi e Di Maio, il trio delle meraviglie, ha fatto un vero capolavoro, quello di distruggere l’industria siderurgica italiana.

La soppressione dello scudo penale per i presunti danni ambientali, provocati dalle precedenti gestioni, ha messo nelle condizioni Mittal di notificare ai Commissari straordinari dell’Ilva la volontà di rescindere dall’accordo di affitto.

Si tratta di una vera bomba che provocherà danni durissimi all’economia italiana, al Pil, a tutti i lavoratori dell’Ilva. Chi ha ora il coraggio di venire ad investire in questo paese?”.

In altre parole, una bella domanda alla quale servirebbe una risposta convincente che ancora non arriva.


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