Afghanistan: una guerra senza fine

Una Storia di queste terre perennemente insanguinate dall'800 ad oggi

In questi giorni caratterizzati dal disimpegno in Afghanistan delle forze occidentali e dagli attacchi terroristici, ampia è la discussione sui media e sulle cause di tutto ciò, se siano stati compiuti degli errori e su chi deve ricadere la colpa. Si è anche parlato di esportazione della democrazia.

Per tentare una analisi della situazione attuale, non si può eludere la storia moderna dell’Afghanistan. Prima di tutto, con l’invasione di queste terre da parte americana e dopo l’attentato alle Twin Towers non si voleva esportare la democrazia ma ripristinarla: l’Afghanistan aveva già conosciuto una forma di governo democratico, seppure con dei limiti. In secondo luogo, il disimpegno militare non è stato una decisione improvvisa dell’Amministrazione Biden: tutto era già stato previsto, e discusso con gli Alleati, nell’accordo di Doha del 2020 siglato da Donald Trump. Anche i nostri governi europei non sollevarono alcuna obiezione con i loro ministri degli esteri. Ma andiamo per ordine.

L’Afghanistan gode di una posizione strategica formidabile e già alla fine dell’800, Russia e Inghilterra s’adoperarono per avere il comando su quelle terre. La spuntò la regina Vittoria che trasformò l’Afghanistan in un Emirato con a capo Abdur Rahmanb Khan, uomo vicino alla Corona inglese. La sua azione fu quella di ridurre il potere dei capi tribali e avviare una modernizzazione del Paese. I fratelli dell’Emiro, tuttavia, iniziarono una guerra fratricida e fu Amanullah Khan a spuntarla, appoggiato dalla popolazione che mal sopportava il giogo inglese. Il nuovo Emiro dichiarò la Jihad contro l’Inghilterra e, nonostante sia stato sconfitto dalle truppe di Sua Maestà britannica, la regina Vittoria concesse l’indipendenza. Governare l’Afghanistan risultava troppo complicato e soprattutto dispendioso.

Amanullah Khan attivò immediatamente rapporti diplomatici con gli Stati più importanti e, dopo un viaggio in Turchia, decise d’importare il sistema inventato da Ataturk: quello di un governo fedele al Corano e nello stesso tempo aperto alle conquiste occidentali. Introdusse diverse riforme, ma l’Islam radicale fece sentire la sua voce nel 1929 con una insurrezione armata guidata da Habibullah Kalakani che occupò Kabul. La partita non era affatto chiusa, come pensavano i capi tribù, poiché un cugino dell’Emiro, il principe Mohammed Nadir Shah, ristabilì l’ordine grazie all’aiuto delle tribù Pashtun. Decise di portare il Paese ad una modernizzazione più lenta e cauta di quella del suo predecessore, ma ciò non servì a salvargli la vita: nel 1933 fu assassinato da uno studente di Kabul, contrario alla scelta d’allontanarsi dall’applicazione rigorosa della sharia.

Il percorso di modernizzazione, tuttavia, non s’arrestò. Mohammed Zahir Shah, figlio di Nadir Shah, continuò in quest’opera e regalò all’Afghanistan un lungo periodo di pace e stabilità, fino al 1973. Rimase neutrale allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e neppure volle schierarsi a favore dell’URSS o degli Stati Uniti durante la Guerra Fredda. Ma questa pace fu interrotta durante una sua visita in Italia, il 17 luglio del 1973.

L’ex Primo Ministro Mohammed Daud Khan organizzò un golpe incruento e interruppe la monarchia, dando vita alla Repubblica Afghana. Questo nuovo governo durò ben poco: il Partito Popolare Democratico, d’ispirazione marxista-leninista e forse sostenuto dalla stessa URSS, il 27 aprile del 1978 rovesciò il governo democratico con un altro colpo di Stato. Nacque così la Repubblica Democratica dell’Afghanistan.

Sul modello di ciò che era avvenuto in Russia, il leader del partito Nur Mohammed Taraki avviò una serie di riforme: fece distribuire le terre a 20.000 contadini, abrogò la decima che i braccianti dovevano ai latifondisti, rese illegale l’usura, regolò i prezzi dei beni primari, statalizzò i servizi sociali che furono garantiti a tutti, diede il diritto di voto alle donne, legalizzò i sindacati, vietò i matrimoni forzati e la vendita di bambine a scopo economico, istituì una sola legge mettendo al bando i tribunali tribali e permise l’istruzione a tutti, comprese le donne.

Queste importanti riforme, che sottraevano potere ai capi religiosi e tribali, causarono la morte di Nur Mohammed Taraki, che fu assassinato nel 1979. Lo sostituì il Vice Primo Ministro Hafizullah Amin, sospettato dalla Russia di non essere così in linea come il predecessore, ma di strizzare l’occhio all’America. Con la giustificazione di riportare la pace in Afghanistan, scossa da numerose e sanguinose rivolte tribali, l’Armata Rossa entrò a Kabul il 27 dicembre del 1979 e mise al potere il fidato Babrak Karmal.

Iniziò un durissimo scontro con i mujaheddin finanziati dagli Stati Uniti, che inviarono mezzi e contractors. A questa campagna contro l’invasione sovietica partecipò Osama Bin Laden che, grazie al capitale che poteva mettere a disposizione e alla sua formazione universitaria e capacità organizzativa, divenne immediatamente un eroe della resistenza. Dopo 10 anni, ed esattamente nel febbraio del 1989, l’URSS abbandonava l’Afghanistan.

Gli anni successivi furono teatro di scontro tra le varie fazioni, finché il 17 aprile del 1992 i mujaheddin proclamarono la nascita dello Stato Islamico dell’Afghanistan. Non tutti i comandanti mujaheddin erano però d’accordo con uno Stato non in eterno conflitto con l’Occidente e in questo contesto nacquero i talebani, una milizia composta soprattutto da giovani di origine pashtun provenienti dalle scuole islamiche del Pakistan e da mujaheddin delusi dai loro comandanti.

L’Afghanistan brilla per i suoi campi coltivati ad oppio e il traffico della droga consentì ai talebani di crescere e acquistare armamenti con cui condurre una guerra civile, che si concluderà nel 1996 con la presa di Kabul e la nascita dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan, guidato dal mullah Mohammed Omar.

Il governo dei talebani trovò l’opposizione di alcuni mujaheddin guidati da Ahmad Shah Massoud e riuniti nell’Alleanza del Nord, ma un atto eclatante sconvolse il mondo: l’11 settembre del 2001 un attacco terroristico, progettato da Osama Bin Laden, colpì il cuore dell’America, i simboli della sua potenza economica, le Twin Towers.

Gli Stati Uniti chiesero all’Afghanistan di consegnare Osama Bin Laden e temevano che lo smercio della droga potesse consentire all’ISIS di acquistare armamenti ancora più pericolosi forniti dalle mafie internazionali; George Walker Bush decise l’invasione.

Kabul è conquistata in tre mesi e si forma un governo provvisorio guidato da Hamid Karzai. I talebani, come i combattenti dell’ISIS, si confondono tra la popolazione e il resto è storia attuale.

Massimo Carpegna

Massimo Carpegna
Massimo Carpegnahttp://www.massimocarpegna.com
Docente di Formazione Corale, Composizione Corale e di Musica e Cinema presso il Conservatorio Vecchi Tonelli di Modena e Carpi. Scrittore, collabora con numerose testate con editoriali di cultura, società e politica.