Hasankeyf: la città millenaria sommersa dalle acque

La costruzione della diga di Ilisu porterà alla perdita dell'antica città, oltre a provocare ingenti danni all'ambiente e alle popolazioni locali

Decine di migliaia di anni di storia destinati a sparire, sommersi sotto 10 miliardi di m3 d’acqua. È quanto sta accadendo ad Hasankeyf – uno dei più antichi insediamenti della Turchia – situato sulle rive del Tigri, nella regione sud-orientale del paese (provincia di Batman). E questa è solo una delle conseguenze causate dalla costruzione della diga di Ilisu – la più grande centrale idroelettrica del paese – il cui progetto ha destato numerose perplessità, senza però arrestarne la realizzazione.

L’antica città sulle rive del Tigri

La diga di Ilisu è una di 22 simili strutture previste dal Southeastern Anatolia Project, finalizzato alla produzione di energia elettrica, l’irrigazione dei campi e l’immagazzinamento di acqua. Secondo il governo, questo progetto – iniziato nel 1997 – rappresenta un importante investimento atto a favorire lo sviluppo della Turchia sud-orientale, considerata una delle aree più povere del paese. Tuttavia, la costruzione della diga porterà all’allagamento di un’area pari a 313 km2, dove sono conservati oltre 400 siti archeologici – tra cui Hasankeyf.

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La città ha origini molto antiche, come testimoniato dai ritrovamenti di un team di archeologi turchi e giapponesi, nel 2011. Nel relativo articolo – disponibile su ResearchGate – viene descritto il ritrovamento di mura in pietra, manufatti e, perfino, siti di sepoltura. Incredibilmente, le tracce più antiche risalivano a oltre 11mila anni fa.

Nel corso dei millenni, Hasankeyf vide il susseguirsi di diverse popolazioni come Urriti, Mitanni, Assiri e Medi. In seguito, la città fu occupata dai Romani, impegnati a combattere il potente Impero Sasanide – definito il secondo impero persiano. Con la caduta di Roma – avvenuta nel 476 d.C. – Hasankeyf passò nelle mani di bizantini, mongoli, ottomani e, infine, turchi. Centinaia di monumenti e oltre 5mila caverne testimoniano il passaggio di queste numerose culture.

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Tuttavia, molti di questi siti e reperti sono ancora in fase di studio e, una volta completata la diga, rimarranno per sempre celati all’uomo. Secondo alcuni ricercatori, l’antica città e la Valle del Tigri rispettano 9 di 10 criteri necessari per esser classificati come patrimonio dell’umanità. Sfortunatamente, l’ente che dovrebbe fare richiesta – ossia il governo turco – è lo stesso che finanzia il progetto della diga.

La diga di Ilisu: risorsa o calamità?

Lungo le sponde del Tigri dimorano numerose specie vegetali e animali, alcune delle quali in via di estinzione. La costruzione della diga porterà alla devastazione di questi fragili ecosistemi, causando immani danni ecologici. In particolare, le paludi irachene di Al-Hawizeh – dichiarate patrimonio mondiale dell’Unesco – risentiranno gravemente del ridotto afflusso di acqua, con inevitabili ripercussioni sulla biodiversità delle zone umide.

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Le stesse popolazioni locali – in gran parte costituite dalla discriminata minoranza curda – subiranno gravi conseguenze. Infatti, 199 villaggi saranno interessati da fenomeni di inondamento che costringeranno oltre 70mila persone ad abbandonare le loro case.

Per gli abitanti di Hasankeyf, il governo ha provveduto a realizzare una nuova città dove accogliere gli sfollati e portare in salvo alcuni monumenti (come la tomba di Zeynel Bey). Tuttavia, molte famiglie riceveranno solo modesti indennizzi, ritenuti dai più insufficienti ad acquistare una nuova proprietà.

Il progetto ha destato preoccupazioni anche in alcuni paesi – come Iraq e Siria – a loro volta attraversati dal Tigri. Si teme infatti che la costruzione della diga ponga la Turchia in una posizione di potere, rendendola potenzialmente capace di controllare le risorse idriche di questi stati.

Nel 2016, 1128 accademici – provenienti da 89 università – hanno aspramente criticato le azioni del governo, chiedendo la cessazione di quello che è considerato un vero e proprio “crimine”. Tuttavia, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan non si è lasciato impressionare, definendo i protestanti come un “gruppo separatista terroristico” supportato da “politici e accademici” – in riferimento al PKK, un’organizzazione paramilitare rivendicante l’autonomia per il popolo curdo.

Sebbene siano già cominciate le operazioni di riempimento del bacino di Ilisu, la Initiative to Keep Hasankeyf Alive ha indetto una campagna di raccolta firme per fermare il progetto, prima che sia troppo tardi. Infatti, nonostante le parole rassicuranti di rappresentanti governativi come Omer Guzel – secondo cui la diga rappresenta un’occasione per promuovere l’economia e il turismo nella regione – si ha sempre più l’impressione di assistere ad una tragedia in diretta.

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