L’avvocato che ha visto l’incidente mortale di Lady Diana rompe il silenzio dopo 20 anni ” Soccorsi lenti Diana si poteva salvare?”

Stanlee Culbreath parla per la prima volta dopo 20 anni e si interroga se la principessa del Galles avrebbe potuto salvarsi se i soccorsi francesi fossero arrivati prima

Il 31 agosto 1997 la storia moderna cambia. Si interrompe per brevi intensissimi e tragici istanti. Tutto il mondo si ferma e punta il suo sguardo sulla morte della Principessa Diana Spencer, consorte di Carlo Principe di Galles ed erede al trono del Regno Unito, meglio conosciuta come “Lady D”.

La tanto amata Principessa di Galles perde la vita in un incidente automobilistico nel tunnel del Ponte dell’Alma di Parigi, Francia. La mercedes su cui erano a bordo lei, il suo compagno Dodi al-Fayed, la loro guardia del corpo Trevor Rees-Jones e il loro autista Henri Paul, impatta contro il 13° pilastro del tunnel.

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Il mondo mediatico ha reso ben noti in quei tristi giorni, e negli anni avvenire, i fatti antecedenti alla disgrazia nonché le dinamiche che hanno condotto all’incidente. Ciò nonostante un velo d’ombroso mistero ha continuato ad avvolgere l’intera vicenda e le persone che vi furono coinvolte.

Dubbi sulla reale lucidità dell’autista quella sera; sospetti sulla possibilità che altre autovetture stiano inseguendo o affiancando quella delle vittime sino a portarla allo schianto; sospetti sulle condizioni di sicurezza dell’abitacolo; sospetti sulla casualità degli avvenimenti; dubbi sulla presenza di complotti veri e propri pianificati a monte dell’accaduto; etc etc etc Sta di fatto che il lutto, quella sera, non ha colpito solo la famiglia reale britannica; ma l’intera popolazione mondiale.

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La Principessa Diana con la sua esistenza seppe conquistare l’amore dell’opinione pubblica, entrando nell’immaginario collettivo in rappresentanza di un riscatto e di quanto di più puro e sincero ci possa essere ai piani alti della scala gerarchica umana.
Diana Spencer è entrata di diritto nel Mito mentre e soprattutto era ancora in vita. Ha condotto una vita all’insegna dell’amore, delle battaglie per ciò che è giusto e dell’altruismo verso il prossimo.Ha di fatto utilizzato la sua influenza e il suo potere per tentare di rendere migliore questo mondo, vivendo nel contempo come ogni altro essere umano. Affrontando difficoltà, odio, problematiche legate all’importanza di ricoprire un ruolo, sia nel pubblico che nel privato.

Ora, a 20 anni dalla sua scomparsa, ecco riaffiorare nuovi dettagli e nuove rivelazioni legate alla sua tragica fine.

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Intenzioni reali e sincere di una persona alla ricerca di verità? Oppure volontà mediatica di rafforzare il peso di questa tragica ricorrenza?

L’avvocato in pensione Stanlee Culbreath ha assistito, tra i primi, all’impatto dell’automobile con a bordo la Principessa contro quel pilastro del tunnel dell’Alma. Dichiara di aver mantenuto un religioso silenzio nel rispetto del lutto della famiglia, ma che oggi ha voluto rivelare alcuni dubbi e perplessità riguardo l’incidente cui ha assistito.

L’avvocato 69enne, dichiara che la sua perplessità fu la strana lentezza con cui i soccorsi sopraggiunsero sul luogo dell’incidente. Una lentezza inusuale data l’importanza politica delle vittime coinvolte.

Culbreath, di Columbus, Ohio, era a Parigi il 31 agosto 1997, per una vacanza con i suoi amici Clarence Williams e Michael Walker. Dopo aver percorso un giro turistico della Torre Effeil, decisero di tornare in albergo in taxi. Entrarono nel tunnel di Pont de l’Alma e si trovarono di fronte la macchina della principessa già impattata e fumante.

Il taxi si fermò. Volevano conoscere la situazione e se fosse possibile prestare soccorso. Sul luogo trovarono lo sportello anteriore aperto. La guardia del corpo teneva un fazzoletto premuto sul suo viso. Dodi al-Fayed era già senza vita.

La Principessa era viva e probabilmente agonizzante sul sedile posteriore dell’auto.
Sopraggiunse un poliziotto che intimò le persone di non avvicinarsi e di attendere i soccorsi i quali erano stati avvertiti. Trascorsero svariati minuti. Quasi mezz’ora senza vedere l’ombra di un’ambulanza. Senza il suono di una sirena nelle vicinanze.

L’avvocato pensò che i soccorsi francesi erano troppo lenti e avrebbe preferito non avere mai un incidente in quel luogo.

Perché trascorse tutto quel tempo all’arrivo dei soccorsi?

Era tutto come se già si sapesse, che le povere vittime fossero ormai spacciate. Una situazione surreale. Perchè non hanno aperto lo sportello dove stava Diana

“Non era morta, stava parlando.”

Queste le dichiarazioni di un testimone oculare degli avvenimenti di quella notte, il quale ha scelto di parlare ora e di non farlo all’epoca perché spaventato dalle ripercussioni che tali rivelazioni avrebbero potuto avere sulla famiglia Reale, soprattutto sui figli di Diana,i principi William e Harry all’epoca quasi coetanei della propria prole.