L’origine artificiale del Covid-19, la conferma arriva da un nuovo studio

Li-Meng-Yan è la virologa cinese, rifugiata negli Stati Uniti, che confuta con nuove prove l'origine naturale del Covid-19, alimentando il dibattito scientifico

Il coronavirus è ancora in fase di studio, ma l’origine artificiale del Covid-19 riemerge nuovamente attraverso la tesi e la testimonianza di una virologa cinese rifugiata all’estero che tende a rafforzarla e ad alimentare il dibattito.

Coronavirus da un laboratorio di Wuhan, la testimonianza della virologa

L’ipotesi che il Covid-19 sia frutto di un errore nato in laboratorio e non abbia origine animale non mette d’accordo la comunità scientifica che è ancora scettica al riguardo per mancanza di prove, ma non esclude a priori la possibilità, anche se l’ipotesi più accreditata è di origine naturale considerando pipistrelli, serpenti o pangolini come vettori della trasmissione della malattia.

- Advertisement -

Ora nuovi tasselli sembrano rimettere in discussione le certezze, grazie agli studi compiuti dalla dottoressa Li-Meng Yan, virologa cinese, che si è rifugiata negli Stati Uniti temendo eventuali ritorsioni per aver denunciato già in passato la provenienza del virus da un laboratorio di Wuhan, controllato dal governo cinese.

Le dichiarazioni di Li-Meng Yan hanno interessato i media internazionali come Daily Mail e New York Post che rilanciano la sua intervista rilasciata al talk show britannico Loose Women in cui ribadisce la sua tesi, dopo aver già denunciato in precedenza che i suoi ex supervisori della Hong Kong School of Public Health l’avevano zittita quando aveva segnalato il rischio di trasmissione del Sars-Cov-2 s da uomo e uomo nel dicembre 2019.

- Advertisement -

Le prove esibite da Li-Meng Yan

La ricercatrice cinese era stata molto chiara promettendo che avrebbe esibito le prove delle sue ricerche: “Uso le prove per dire alle persone che il virus proviene dal laboratorio in Cina…chiunque, anche se non ha conoscenze nell’ambito della biologia, può leggere, controllare, identificare e verificare da solo…Questa è la cosa fondamentale per noi per conoscere l’origine del virus. Altrimenti non possiamo superarlo, sarà pericoloso per la vita di tutti. So che se non dico la verità al mondo, me ne pentirò“.

Secondo la ricostruzione di Federico Giuliani per Inside Over, Li-Meng Yan è certa che il virus abbia un’origine sintetica e sarebbe nato in laboratorio da cui poi è fuoriuscito provocando la pandemia mentre il famoso mercato degli animali vivi di Wuhan sarebbe solo “una cortina di fumo creata dal governo cinese per nascondere la vera origine del Covid-19“.

- Advertisement -

A sostegno della sua tesi, la virologia ha creato un profilo Twitter contenente 26 pagine fitte di dati, grafici e tabelle che sono precedute da un titolo articolato ma chiaro nella sostanza: “Caratteristiche insolite del genoma della SARS-CoV-2 che suggeriscono una sofisticata modifica di laboratorio piuttosto che un’evoluzione naturale e delineazione della sua probabile via sintetica”.

Approfondendo, Giuliani ha evidenziato un’altra importante affermazione che è alla base del lavoro di Li-Meng-Yan: “SARS-CoV-2 mostra caratteristiche biologiche che non sono coerenti con un virus zoonotico presente in natura“.

Le tre conclusioni della virologa

Li-Meng-Yan articola le sue analisi in un linguaggio scientifico ma accessibile anche ai non specialisti e lascia che ogni lettore tragga le conclusioni. Si parte, in sostanza, dall’affermazione che il Sars-CoV-2 assomigli moltissimo a un coronavirus di pipistrello chiamato RaTG13 (con il 96% delle sequenze condivise), ma la virologa ne contesta l’origine animale, sostenendo che ci sia stata una manipolazione in vitro sulla base di tre prove:

  • la sequenza di Sars-CoV-2 è sospettosamente simile a quella di un coronavirus di pipistrello scoperto dai laboratori militari della Terza Università Medica Militare di Chongqing e dall’Istituto di ricerca per la medicina del comando di Nanchino
  • Il legame del recettore (RBM) all’interno della proteina Spike di SARS-CoV-2, che determina la specificità dell’ospite del virus, cioè il pipistrello, assomiglierebbe “in modo sospetto” a quella della SARS-CoV risalente all’epidemia del 2003, quindi le prove genomiche suggeriscono che l’RBM è stato manipolato geneticamente
  • SARS-CoV-2 ha bisogno della “collaborazione” della furina che è un enzima attraverso il quale la proteina Spike può scindersi, consentendo poi la fusione delle membrane virali e cellulari, che è il processo necessario al virus per entrare nella cellula successiva e infettarla. Tuttavia, il virus conterrebbe un “sito di scissione” della furina nella sua proteina Spike che, secondo la virologa, è completamente assente in questa particolare classe di coronavirus presenti in natura.

Le possibili conclusioni

In conclusione, la sequenza del virus sembra riprodotta in maniera talmente simile a quella del coronavirus di un precedente pipistrello e al Sars-CoV del 2003 da assomigliare troppo, usando una similitudine poco scientifica, a una firma imitata in modo perfetto, al punto da renderla più che sospetta di falsificazione.

Se a questo aggiungiamo che la capacità di interazione tra proteina Spike e Furina migliora nettamente la capacità del virus d’infettare più di quanto possa fare questa classe di coronavirus in natura, le conclusioni di Li-Meng-Yan puntano decisamente sulla via della manipolazione in laboratorio.

Il nuovo fronte del dibattito sulla manipolazione del virus

Non c’è dubbio che questa ricostruzione alimenterà il dibattito scientifico e dalla Cina fanno già sapere che è impossibile che il virus sia uscito da un loro laboratorio. A questa dichiarazione, si unisce lo scetticismo di molti scienziati che sostengono l’impossibilità di nascondere una manipolazione artificiale del genoma e che gli studi fatti fino ad oggi sulle sequenze, indicherebbero un virus di origine naturale soggetto a salti di specie, ma la mano sul fuoco non ce la mette comunque nessuno.

Questo studio di Li-Meng-Yan, e le peripezie che lo accompagnano, potrebbero aggiungere nuovi indizi all’indagine, anche perché non sono pochi i Paesi pronti a chieder conto alla Cina dei danni internazionali, magari provocati accidentalmente in laboratorio, fosse anche per la ricerca di un vaccino, come aveva già sostenuto nei mesi scorsi il premio Nobel Luc Montaigner scatenando polemiche e scetticismo. Ma il punto di forza della ricerca scientifica è pur sempre il work in progress, indispensabile per scoprire le tessere mancanti di questo complicato mosaico.