Audace, mai scontata, estranea ad ogni etichetta che in settantasette anni i suoi detrattori e ammiratori hanno cercato di affibbiarle. Oriana Fallaci racconta il disprezzo e la malinconia nei confronti della patria che l’ha rinnegata, nel romanzo del 2001 “La Rabbia e l’Orgoglio”, e lo fa partendo dall’attentato che ha scioccato tutto il mondo.
È appena accaduto uno degli attentati terroristici più spaventosi della storia. Due aerei di linea vengono dirottati da terroristi islamici andandosi a schiantare contro le Torri Gemelle provocando migliaia di morti nel giro di pochi secondi. La Fallaci è alle prese con il suo “bambino”, il romanzo lasciato incompiuto per anni. Cerca di non guardare le immagini che passano in tv, di non sentire lo spiegamento di forze fuori dalla sua finestra. Non ce la fa e si rende presto conto che quello che sta succedendo è una delle più eclatanti tragedie dopo le due Grandi Guerre Mondiali. Sì, perché questa è una vera e propria dichiarazione di guerra.
Ripone il suo “bambino” nel cassetto e scrive uno degli sfoghi più pungenti della sua vita. Le parole le sgorgano dalla mente come in un flusso e bruciano sul foglio bianco come tizzoni. Quello che doveva essere uno sfogo racchiuso in un articolo diventa uno dei libri più incisivi della Fallaci. Il titolo è eloquente e diretto come tutto il contenuto dello scritto, “La Rabbia e l’Orgoglio”. Un J’accuse contro i sordi e i ciechi che non vogliono vedere e sentire, un J’accuse contro la sua Patria. Ma anche un inno a quell’Italia Bella, madre della cultura occidentale, capolavoro immenso, che le mancava tanto durante il suo “esilio” in America e della quale era un’orgogliosa figlia. Con tono sarcastico e accusatorio svela le verità che nella seconda parte della sua vita le sono costate emarginazione, dileggio, sberleffi (tutti eufemismi) da parte delle cicale e di tutti coloro che rimpolpavano il suo male spargendo fango sulla sua persona e pregando che quello stesso male se la portasse via. Alla fine il cancro l’ha uccisa ma il suo pensiero era ed è, così attuale, così vivido, così piantato nella realtà e lungimirante che non sarà facile liberarcene. Leggendo il libro sembrerà sia stato scritto oggi, quando lo scorso gennaio la redazione di Charlie Hebdo è stata assaltata, o quando sempre lo scorso mese, i jihadisti hanno fatto saltare una parte delle millenarie mura di Ninive, uno dei più importanti siti archeologici dell’Iraq, o quando centinaia di ebrei, cristiani, musulmani, figli, madri vengono uccisi, crocifissi, dati alle fiamme vivi.
A quei cechi e a quei sordi che ancora esprimono il loro sdegno davanti queste verità, ballando sulla tomba dell’odiata traditrice Oriana, ricordo che quella stessa donna era tra quei partigiani osannati che hanno salvato la nostra bella Italia, tra coloro che da laici “hanno combattuto ogni sorta di fascismo e di intolleranza”. Che era anche sul campo da guerra in Vietnam, che è quasi morta nella strage di Mexico City, che ha dovuto subire umiliazioni perché essere donna in alcuni posti del mondo è peccato, che è incappata in avventure che se non fossero assurdamente e tristemente vere sarebbero comiche, che è stata rinnegata dalle femministe perché al motto “l’utero è mio e lo gestisco io” le si accapponava la pelle. Insomma ne ha viste di tutti i colori, razze e generi e ha saputo cogliere ciò che secondo lei era giusto o no, tralasciando dogmi e appartenenze. Si è lasciata scivolare le etichette che le venivano affibbiate per convenienza o per demolirla, senza mai tradire se stessa e le sue idee. Ha vissuto la Storia sulla sua pelle e questo le ha dato il coraggio e l’integrità di seguire il suo percorso, solitario, ma perlomeno coerente.