Trump contro la Cina per le atrocità e la deportazione della minoranza uigura nei campi di massa, il Paese del dragone reagisce con ritorsioni, in questo periodo di crescente tensione tra Washington e Pechino ai ferri corti anche sulla gestione della pandemia Covid-19, coinvolgendo anche l’Oms.
Trump e il Congresso puntano di nuovo i riflettori sulla persecuzione della minoranza uigura
Vicky Hartzler, membro delle commissioni per la difesa e l’agricoltura del Congresso americano, collabora anche con un comitato esecutivo sulla Cina, che ora è uno dei bersagli delle sanzioni di Pechino. Hartzler ha tuttavia precisato in un editoriale infuocato su Foxnews che non intende fare marcia indietro e continuerà a denunciare le violazioni cinesi dei diritti umani e “le azioni aggressive e disumane della Cina“.
La denuncia di Vicky Hartzler sulle violazioni dei diritti della minoranza uigura
Vicky Hartzler afferma che il presidente Xi Jinping e il regime comunista cinese si sono sentiti in diritto di calpestare i principi basilari della dignità umana uigura nella regione autonoma dello Xinjiang, situata nel Nord-ovest del Paese, ma l’azione congiunta del Congresso e di Donald Trump può mettere Pechino di fronte alle sue responsabilità.
Secondo i dati di Hartzler, un milioni di uiguri sono detenuti in campi di internamento dove subiscono torture, assenza di cure mediche e obbligo di lavoro forzato oltre a casi di sterilizzazione obbligatoria e altre misure coercitive per limitarne la crescita demografica.
L’etnia uigura e la difficile convivenza con il regime di Pechino
Secondo l’accusa del Congresso, gli uiguri sono di etnia turca e parlanti quindi un idioma turcofono, ma devono accettare il progetto di “rieducazione” cinese, essendo prevalentemente musulmani e quindi ritenuti responsabili in modo generalizzato di attentati e tentativi di destabilizzare l’ordine interno cinese. Il sistema di rieducazione prevede l’apprendimento imposto del mandarino, lingua ufficiale cinese, e dei principi rivoluzionari. Di conseguenza, il governo impedisce agli uiguri l’osservanza della loro religione e impone la fedeltà al regime comunista.
Questa situazione, a dire il vero, esiste anche per i tibetani di fede buddista e i cattolici che agiscono in clandestinità, subendo dure persecuzioni, perché non accettano i principi, imposti da Pechino fin 1957, con l’istituzione della Associazione patriottica cattolica cinese, che ne controlla l’attività religiosa, limitando di fatto la libertà di culto che si discosta dai principi stabiliti dal regime.
Il problema della sinizzazione e dei campi detentivi
La questione si complica perché la tipicità della lingua e cultura uigura contrasta con il processo di sinizzazione, fortemente incoraggiato da Xi Jinping, per attirare ogni etnia nell’orbita della civiltà e cultura Han, cioè del gruppo etnico maggioritario della Cina.
Pechino respinge l’accusa, sostenendo di non ledere i diritti umani fondamentali degli uiguri e che non esistono campi d’internamento di massa, ma solo “centri di formazione professionale“, tuttavia gli Stati Uniti ribattono che nonostante i molti appelli, anche di altri Paesi e di numerose organizzazioni umanitarie, la Cina non permette a giornalisti stranieri e agli ispettori internazionali di visitare i campi.
Le sanzioni americane e le iniziative legislative in favore degli uiguri
Vicky Hartzler conferma che la commissione congressuale per le questioni cinesi offre indicazioni alla Casa Bianca e il presidente Trump agisce di conseguenza contro la Cina per le atrocità e i campi di massa sulla minoranza uigura:
- Dallo scorso mese è infatti in vigore l’Uighur Human Rights and Policy Act of 2020 che prevede sanzioni per funzionari di alto rango del governo cinese, ritenuti coinvolti nella repressione contro gli uiguri e anche ai danni di altre minoranze etniche
- Il provvedimento s’ispira al Global Magnitisky Human Rights Accountability Act del 2016, estensione della legge già varata nel 2012, che permette di perseguire i responsabili di violazione dei diritti umani, sequestrandone i beni e rifiutando il visto d’ingresso negli Usa.
La reazione cinese
Dal momento che i provvedimenti punitivi hanno coinvolto funzionari chiave del comitato centrale del partito comunista cinese legati, secondo gli Usa, alla persecuzione nella regione dello Xinjiang, la risposta di Pechino non si è fatta attendere.
Secondo l’agenzia di stampa Reuters, la Cina ha annunciato sanzioni simili a quelle americane ai danni dei senatori Marco Rubio e Ted Cruz, mettendo anche nel mirino l’ambasciatore straordinario per la libertà religiosa internazionale Sam Brownback e naturalmente anche l’intera commissione per i problemi cinesi che, ogni anno, fornisce un report completo in merito, sia al Congresso sia alla Casa Bianca.
Il portavoce del ministero degli esteri cinese Hua Chunying ha rincarato la dose accusando gli Stati Uniti di grave interferenza negli affari interni cinesi che può compromettere le relazioni sino-americane, aggiungendo che, in caso di ulteriori tensioni, la Cina si regolerà di conseguenza.
La replica americana
Tuttavia, la commissione congressuale americana per i problemi cinesi non intende retrocedere e Hartzler conferma che le pressioni continueranno per indurre Pechino a rinunciare alla persecuzione a danno degli uiguri, coinvolgendo anche i partner internazionali in un’azione politica comune.
Hartzler considera la strategia cinese basata su “politiche riprovevoli e di genocidio etnico“, e denuncia che è necessario smascherare non solo le responsabilità di Pechino, ma anche la complicità economica di aziende americane che importano merci a basso costo, che gli uiguri producono lavorando gratuitamente o in cambio di paghe irrisorie. Il braccio di ferro dunque continua.
Fonte: Foxnews.com