Oggi, grazie anche a due contributi importanti di Ossigeno per l’Informazione (www.giornalistiuccisi.it), si ricorda Carlo Casalegno, il primo giornalista ucciso dai terroristi delle Brigate Rosse durante gli anni di piombo (fine anni Settanta, inizio anni Ottanta).
Carlo Casalegno morì a Torino il 29 novembre 1977, furono gli ultimi articoli della sua rubrica settimanale a provocare la prima reazione dei terroristi che il giornalista contrastava esortando ogni componente dello Stato e della giustizia impegnata nei processi e negli arresti a fare la sua parte.
Carriera di Carlo Casalegno

Carlo Casalegno frequentò il liceo classico Massimo d’Azeglio e si laureò in lettere all’Università degli studi di Torino. Dopo un anno di insegnamento, la sua carriera giornalistica inizia proprio nella Resistenza con il quotidiano Italia Libera. Il lavoro nella redazione torinese La Stampa inizia nel 1947, nel 1969 divenne vicedirettore affiancando il direttore Arrigo Allevi.
Ossigeno per l’Informazione ha dedicato alla sua memoria due articoli molto importanti: la ricostruzione di Alberto Sinigaglia, ultima persona ad averlo incontrato in redazione.
16 novembre 1977
Carlo Casalegno era minacciato dai brigatisti come tanti altri giornalisti, non aveva scorta nonostante per i suoi articoli fosse da molto tempo sotto mirino. Poteva fare affidamento per andare e tornare a casa, della scorta del direttore Arrigo Levi, “un corteo di macchine” si legge su Ossigeno, e diversi uomini armati preparati ad affrontare una possibile sparatoria.
Il giorno dell’agguato fu il 16 novembre 1977, i terroristi lo sorpresero sulla strada di ritorno a casa, la sparatoria provocò ferite molto gravi che fecero morire il giornalista 13 giorni dopo. Quando si parla di anni di piombo, quest’espressione è sinonimo anche di paura ed è quella che vivevano quotidianamente i cronisti impegnati nel loro lavoro, minacciati e che non potevano contare su una scorta assegnata. È quello che successe proprio a Casalegno.
Il 16 novembre del 1977 rinunciò per diversi lavori da finire al passaggio in macchina blindata e scortata di Arrigo Levi. Il resto del racconto e anche approfondimenti sull’inchiesta giudiziaria sul suo omicidio sono raccolti nei documenti pubblicati su “Cercavano la verità” www.giornalistiuccisi.it di Ossigeno per l’Informazione.
Il gruppo armato che uccise il giornalista
L’agguato del 16 novembre fu organizzato dalla colonna torinese delle Brigate Rosse formato da Raffaele Fiore, Patrizio Peci, Piero Panciarelli, Cristoforo Piancone e Vincenzo Acella. La prima decisione fu di gambizzarlo, una pratica usata per spaventare giornalisti che avevano scritto articoli contro il terrorismo rosso o inchieste ritenute offensive. L’articolo che porto alla decisione contraria, ovvero di ucciderlo, fu la pubblicazione del 9 novembre 1977 dal titolo “Non occorrono leggi nuove, basta applicare quelle che ci sono. Terrorismo e chiusura dei covi.”