Caso Bergamini: intervista a Donata Bergamini

Intervista a Dona Bergamini, la sorella di Denis Bergamini il calciatore del Cosenza morto nel 1989.

Caso Bergamini: intervista a Donata Bergamini

Il 18 novembre 1989 nei pressi di Roseto Capo Spulico, in Calabria, veniva trovato senza vita il calciatore Donato Bergamini, meglio conosciuto come Denis. Il caso, allora, venne immediatamente archiviato come suicidio. A distanza di vent’anni il caso venne riaperto e portò alla luce elementi che portarono a presumere che si trattasse di omicidio. Denis Bergamini era nato ad Argenta il 18 settembre 1962. Era un calciatore, di ruolo  centrocampista. Nel 1985 era approdato in Calabria al Cosenza. Con la maglia rossoblu collezionò 110 presenze e tre reti. Oggi la Curva Sud dello stadio di Cosenza porta il suo nome mentre all’interno degli spogliatoi è conservato un busto che lo raffigura. Da quel giorno i tifosi rossoblu gridano giustizia e verità.

Caso Bergamini: intervista a Donata Bergamini

Qualche giorno fa abbiamo incontrato Donata Bergamini, sorella di Denis, che si è offerta di rilasciarci un’intervista.

“Buongiorno signora e grazie per l’intervista che ci sta concedendo”.

“Buongiorno e grazie a voi”.

“Vorrei cominciare quest’intervista chiedendovi come era Denis? Che ragazzo era? E soprattutto quali ricordi ha in particolare?”

“Denis era un ragazzo molto solare, gli piaceva molto la compagnia, amava il calcio. Fin da piccolino ha sempre avuto un carattere allegro e sereno, è sempre stato molto legato alla famiglia. In famiglia vivevamo oltre a mamma e papà con i nonni, ovviamente io e lui avevamo un forte legame in quanto ci dividevano solo 15 mesi di differenza di conseguenza anche crescendo avevamo le stesse amicizie. Amavamo spesso cantare in casa io e lui, eravamo ragazzini e imitavamo Gianni Morandi, Massimo Ranieri, Adriano Celentano”.

“Le parlava mai di ciò che avrebbe fatto dopo aver smesso di giocare?”

“Denis non mi parlava di ciò che avrebbe fatto dopo aver smesso di giocare, quando è stato ucciso aveva solo 27 anni ed era nel pieno della sua carriera calcistica. Era l’anno più bello per lui, aveva ricevuto richieste da squadre di serie A ma aveva rinviato alla stagione successiva causa un infortunio e una forma di gratitudine per il Cosenza Calcio, sia per le terapie che l’avevano riportato in ottima forma sia per l’ingaggio in quanto il Cosenza non voleva cederlo. Per la stagione successiva Denis si era già accordato con il Parma direttamente con Nevio Scala. Denis quindi mi parlò dei suoi progetti dell’anno successivo. Il suo avvicinamento a casa in quanto sarebbe andato a giocare a Parma e della sua vita personale, aveva deciso di acquistare un terreno vicino a noi per costruire casa e viverci con la sua attuale ragazza, una ragazza di Russi, ricordo che Denis aveva interrotto la sua relazione 8 mesi prima della sua morte”.

“Denis era nato in Emilia Romagna, poi l’approdo in Calabria dove è entrato nel cuore dei tifosi cosentini. Come ha preso la sua famiglia la decisione di andare a giocare così lontano da casa?”

“Sinceramente rimanemmo malissimo, era lontana Cosenza, ma lui era contento di fare questo salto in più il DS Roberto Ranzani era di Ferrara, l’allenatore dei portieri era di Comacchio ma soprattutto aveva un compagno di squadra di Comacchio. Quindi ci rincuorò il fatto che non era l’unico a scendere ma era in compagnia di persone della propria terra con le stesse abitudini. Quindi non si trovava solo in una città sconosciuta e lontanissima”.

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Auguri Denis, eroe rossoblu?? #cosenza#denisbergamini

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“Facciamo un salto indietro. Andiamo al 18 novembre 1989. Quali ricordi ha di quel giorno?”

“Del 18 novembre 1989 ricordo che sino a prima della notizia come ogni sabato speravo che la squadra di mio fratello portasse a casa il risultato, quel risultato contro il Messina quella domenica sarebbe stato importantissimo. Purtroppo quella domenica mio fratello non giocò, non solo, ma non gli permisero più di correre sui campi di calcio, mani assassine gli tolsero la vita. Di quel sabato 18 novembre 1989 ricordo prima la speranza contro il tempo e la distanza per raggiungere mio fratello in quanto mi era stato detto che aveva avuto un incidente ed era grave. Successivamente un viaggio straziante dopo aver appreso la notizia che mio fratello era morto, 900 km ci separavano dal suo corpo, 900 km di domande a cui non trovavamo una risposta logica di tutto quello che ci avevano raccontato”.

“Secondo le testimonianze dei suoi compagni di squadra come visse Denis quel giorno? Avevate notato in lui cambiamenti d’umore?”

“Denis secondo i suoi compagni quella mattina come sempre era arrivato puntuale agli allenamenti, sosteneva lo spogliatoio e invitava i compagni a battere il Messina”.

“I giornali riportano che quel giorno, prima di morire, Denis si trovava al cinema con il suo compagno di squadra Michele Padovano, condannato ora a otto anni di reclusione per traffico di sostanze stupefacenti. Ad un tratto riceve una telefonata che lo turba. Poi cosa accadde? Da chi ricevette la telefonata che lo turbò?”

“Denis si trovava al cinema con tutti i suoi compagni e lui era seduto due file più sotto a Galeazzi e Lombardo e poco distante al massaggiatore Maltese. Prima di andare al cinema ci venne riferito da Padovano che Denis ricevette in stanza una telefonata che gli fece cambiare umore per un attimo poi con la sua macchina raggiunse il cinema Garden. Non abbiamo mai saputo chi fece quella telefonata a mio fratello, bastava poco, semplicemente fare le indagini da parte di chi di dovere”.

“All’epoca il decesso sembrava fosse avvenuto per suicidio. Infatti, secondo le testimonianze, Bergamini si sarebbe buttato tra le ruote di un camion che l’avrebbe trascinato per circa 60 metri. Quali sono state le reazioni della sua famiglia a questa tesi poi archiviata?”

“All’epoca anche un cieco avrebbe visto che non si trattava di suicidio, ma per qualcuno doveva essere così. La mia famiglia non ha mai creduto al suicidio in quanto non c’era nessun presupposto per crederci sia per quanto riguarda il suo corpo apparso dopo la morte, sia per quanto riguardavano le sue abitudini, sia per il suo comportamento calcistico, sia per l’anno meraviglioso che stava vivendo il più bello nella sua vita, sia per la sua voglia di vivere che addirittura dichiarò poco prima di essere ucciso in un intervista con la frase”mi piace vivere” e con la gran voglia di battere il Messina la domenica 19”.

“L’indagine fu archiviata, e a distanza di vent’anni l’ipotesi di suicidio non è mai stata ritenuta credibile in quanto il corpo non presentava nessuna ferita compatibile con questa versione e non era sporco di fango, nonostante la pioggia e le pozzanghere presenti sul luogo dell’incidente. Dunque si presume che Denis fosse già morto prima di essere buttato tra le ruote del camion. Dico bene?”

“Non è che si presume. Denis era già morto prima e ora si ha anche la certezza”.

“Le indagini furono archiviate troppo presto. Dopo vari appelli da parte dei familiari e dei tifosi il 29 giugno 2011 la procura di Castrovillari riaprì le indagini poiché in possesso di nuove prove. Come venne accolta da voi familiari questa notizia? Quali erano queste nuove prove in possesso della procura?”

“La riapertura nel 2011 da noi fu accolta con grande gioia. Unica cosa fu che il PM non si è fidato dei periti che lui stesso aveva nominato. Cosa che ci aspettavamo purtroppo”.

“Denis era all’epoca fidanzato con Isabella Internò. Il 15 maggio 2013 venne notificato un avviso di garanzia nei suoi confronti in quanto sospettata di omicidio. Quali erano i rapporti tra lei e Denis. Dopo la morte di Denis l’avete mai più rivista?”

“Denis non era fidanzato con la Internò all’epoca, l’aveva lasciata 8 mesi prima. Denis si lamentava era infastidito perché lei non lo lasciava in pace continuando a cercarlo. Il lunedì 13 novembre quando Denis si fermò a casa dopo la trasferta di Monza parlando della Internò, ci disse di essere scocciato per le sue insistenze. La definì come l’attack, quella colla maledettamente appiccicosa. Dopo il funerale non l’abbiamo più rivista, ci telefonò dopo poco dicendo che si era dimenticata di dirci che Denis voleva che l’auto di mio fratello, la Maserati Biturbo, rimanesse a lei. Non aggiungo altro”.

“Nel giugno del 2017 il GIP di Castrovillari ha disposto la riesumazione della salma per effettuare l’autopsia. Che cosa è emerso?”

“Il 10 luglio 2017 dall’autopsia è emerso che Denis era morto prima per soffocamento e successivamente il suo corpo era stato adagiato sull’asfalto per poi essere sormontato parzialmente con una ruota”.

“Io seguo da anni il caso Bergamini. Diverse teorie si sono fatte largo negli ultimi anni. Una di queste teorie parla di omicidio ad opera della N’drangheta”.

“Diverse teorie si sono fatte largo negli anni sulla morte di mio fratello, cosa ne penso della N’drangheta? Quello che posso dire che mio fratello non era un boss, non si drogava e amava il calcio pulito. Mio fratello era una persona onesta e per questo gliene sarò sempre grata e sono orgogliosa di lui”.

“Carlo Petrini si occupò del caso scrivendo un libro dal titolo ‘Il calciatore suicidato’ in cui vi è un chiaro riferimento al banchiere Guido Calvi. Ha letto il libro? Cosa ne pensa a tal proposito?”

“Il libro ‘il calciatore suicidato’ scritto da Carlo Petrini, fu il primo libro dove fu riportata la storia sulla morte di mio fratello e dove venivano messe in evidenza le indagini mai fatte. Penso solo che se chi doveva faceva veramente ciò che andava fatto da subito avremmo saputo movente e nome degli assassini nell’immediato”.

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Il calciatore suicidato. Alzi la mano chi conosce la storia di Donato Bergamini? Nessuno, era facile intuirlo. Intanto perché l'uccisione dell'allora capitano del Cosenza calcio di serie B è avvenuta ormai da 25 anni, proprio questo Novembre. Ma soprattutto perché sono riusciti a fare cadere nel dimenticatoio questa storia per anni. Ora, grazie alla famiglia che non si è mai arresa a una incredibile messinscena, a libri come questo del grandissimo Carlo Petrini e a tanta onesta e brava gente il processo è stato riaperto, proprio quest'anno. In questo libro oltre a una storia assurda troverete tanta omertà, carenze investigative "degne" del nostro paese e un processo farsa. Ma anche nomi noti del mondo del calcio che allora gravitavano intorno a Donato. Alcuni dei quali hanno poi avuto seri guai con la giustizia… Leggetelo questo libro, ma ne trovate anche un altro appena uscito nelle librerie che narra la storia di Donato. Oppure cercate la storia su Internet e poi mi piacerebbe riparlarne…

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“L’autopsia ha rilevato che Denis è morto per soffocamento/strangolamento. La ragazza, però, sostiene che Denis si sia gettato volontariamente sotto il camion. Il nome di Isabella Internò configura sul libretto degli indagati insieme a Raffaele Pisano, l’autista del camion. Lei cosa pensa a riguardo? E che cosa avrebbe spinto la ragazza a compiere l’eclatante gesto?”

“Quello che sosteneva la Internò è stato smentito dalla voce del corpo di mio fratello, la Glicoforina ha dato risposte molto chiare ed evidenti. Nel registro degli indagati oltre a Pisano e alla Internò si è aggiunto un terzo indagato, indagato per favoreggiamento, il marito Luciano Conte, poliziotto”.

“Da anni lei tiene vivo il ricordo di suo fratello tramite iniziative che vedono protagonisti anche i tifosi del Cosenza che non hanno mai dimenticato Denis. Un caso che per certi versi è simile a quello di Stefano Cucchi. Tra l’altro lei è anche in contatto con la sorella Ilaria Cucchi. Entrambe cercate giustizia. Le crede nella giustizia italiana? Quale appello si sente di fare qui sulla nostra testata giornalistica?”

“Credo nella Giustizia Italiana. Diversamente non avrei lottato per questi 29 anni, ma mi creda è inaccettabile vedere che chi doveva tutelare i tuoi diritti ha scelto di chiudere le prove della verità in un cassetto dove qui le manine hanno fatto sparire carte o cancellato/modificato documenti. Stiamo parlando di persone uccise e infangate, stiamo parlando di famiglie che oltre il dolore per la perdita del proprio caro hanno dovuto caricarsi sulle proprie spalle la ricerca della verità camminando per anni in un bosco pieno di trappole, un sentiero difficile da percorre nella speranza di incontrare le persone giuste, quelle persone che non hanno paura di far luce di far emergere la verità che chiunque ci sia dietro cerca di tenere nascosto”.

“Grazie mille per il tempo che ci ha concesso e per la delicatezza delle sue risposte”

“Grazie a lei”.