Caso Edgardo Mortara, oggi l’anniversario del rapimento del bambino ebreo da parte della polizia di Papa Pio IX

edgardo-mortara-media

Il caso Edgardo Mortara avvenne nello Stato Pontificio durante il Risorgimento. Lui era un bambino ebreo di 6 anni che viveva con la sua famiglia a Bologna, allora facente parte territorio del Papa, che all’epoca era Pio IX. Edgardo era il sesto degli otto figli del commerciante Salomone Momolo Mortara, proveniente dal ghetto di Reggio Emilia, e di sua moglie Marianna Padovani, figlia di ricchi commercianti di Modena. La coppia si era trasferita a Bologna perché lì gli ebrei godevano di una relativa libertà.

- Advertisement -

Il rapimento e le leggi pontificie antisemite dell’epoca

La sera del 23 giugno del 1858 la polizia pontificia, su ordine del Sant’Uffizio, andò a prendere il bambino per portarlo con la forza a Roma, dove sarebbe stato allevato come cattolico dalla Chiesa. Ma perché rapì proprio lui e non gli altri suoi fratelli? Il Vaticano riferì che il piccolo, che era nato il 27 agosto del 1851, era stato fatto battezzare all’insaputa dei genitori da una loro cameriera cattolica, Anna Morisi, appena 14enne, perché era molto malato e la ragazzina temeva che sarebbe morto finendo nel Limbo in quanto non cristiano.

- Advertisement -

Secondo le leggi vaticane poi, tutti i battezzati dovevano ricevere un’educazione cattolica ed i genitori di Edgardo, in quanto ebrei, erano considerati “indegni” di educarlo. Così il figlio fu loro portato via: strappato dalle braccia del padre mentre il bambino piangeva disperato e sbattuto su una carrozza in direzione della Città dei Papi. La madre del piccolo ebbe un collasso e fu assistita dai vicini di casa. Si racconta che tutta Bologna avesse udito il suo pianto disperato.

Ai genitori di Edgardo venne tolta anche la patria potestà e, come se non bastasse, al danno venne aggiunta la beffa: Salomone Momolo Mortara e Marianna Padovani furono accusati di aver violato le norme pontificie antisemite dell’epoca per aver assunto come servetta Anna Morisi, che in quanto cattolica non avrebbe potuto lavorare in una “casa di ebrei”. Lo stesso divieto valeva per gli ebrei nelle case dei cattolici.

- Advertisement -

La rivelazione e l’educazione cattolica

Sei anni più tardi, Edgardo Mortara rivelò che la giovane domestica cattolica della sua famiglia, avrebbe ricevuto l’ordine di far battezzare pure un suo fratello minore, Aristide, anch’egli gravemente malato. Ma in quel caso la ragazza si rifiutò di obbedire, perché già con Edgardo aveva commesso l’errore di crederlo moribondo e quindi di farlo battezzare all’insaputa dei genitori del bambino. La Chiesa, allora, fu costretta ad ammettere le proprie responsabilità nel caso.

Il ragazzino venne comunque educato presso la Casa dei Catecumeni, un collegio per ebrei convertiti al cattolicesimo che viveva delle tasse imposte alle sinagoghe dello Stato Pontificio. I genitori poterono rivedere il figlio circa quattro mesi dopo e solo “sotto sorveglianza”. Lui riuscì a confidare alla madre che, la sera, recitava ancora la preghiera ebraica Shemà Israel (“Ascolta Israele”), contenuta nel Deuteronomio. Successivamente i coniugi Mortara non poterono più  rivederlo fino al 1870, anno della Breccia di Porta Pia, che dopo l’entrata dell’esercito italiano a Roma segnò l’annessione dello Stato Pontificio al Regno d’Italia e la fine del potere temporale dei Papi. Il caso Edgardo Mortara giunse all’orecchio di Pio IX, che respinse tutti gli appelli per restituire il ragazzo alla sua famiglia.

Uno scandalo “risorgimentale”

La vicenda divenne uno scandalo italiano ed internazionale che, soprattutto in base a quanto riporta il giornalista cattolico Vittorio Messori, fu utilizzato dal Regno indipendente di Sardegna, con Cavour Presidente del Consiglio, per avallare le sue rivendicazioni di Unità d’Italia a scapito dello Stato Pontificio – nel 1859, l’anno dopo lo scoppio del caso di Edgardo Mortara, iniziò la Seconda Guerra di Indipendenza, al termine della quale Bologna venne annessa al Regno d’Italia –.

Le proteste in favore di Edgardo Mortara ebbero il sostegno di organizzazioni ebraiche e di politici ed intellettuali britannici, statunitensi, tedeschi e francesi. I vani appelli arrivarono al Papa Re anche da parte di protestanti, atei e da alcuni cattolici, compreso addirittura l’Imperatore Napoleone III, il quale aveva stanziato le sue truppe nello Stato Pontificio per difendere il Papa e la Chiesa di Roma.

Tuttavia dopo la Presa  di Porta Pia – durante la quale aveva combattuto, guadagnando una medaglia al valore, Riccardo Mortara, fratello di Edgardo – fu lo stesso rapito dalla polizia pontificia, a non voler tornare dai suoi genitori. Anzi, una sua memoria in cui si diceva felicissimo di essere stato educato al cattolicesimo, già dopo poche settimane dal suo rapimento, e di essersi spaventato quando rivide i genitori, tanto da rifugiarsi sotto la tonaca di un sacerdote, è stata portata per avallare la beatificazione di Pio IX, avvenuta nel 2000 – mentre al contrario gli anti-papisti usarono proprio il caso Edgardo Mortara per contrastarla –.

Il rifiuto di Edgardo di tornare in famiglia

Il ragazzo rifiutò due volte di ritornare a casa con la sua famiglia, dopodichè, per non subire più pressioni e forse anche su spinta del Pontefice, Edgardo lasciò a Roma per “rifugiarsi” prima nel Tirolo e poi in Francia. Qui venne ordinato sacerdote all’età di 23 anni, scegliendo come nome quello di Pio. Fu inviato come missionario in alcune città europee per convertire gli ebrei, ma senza grande successo. Tornò in Italia per una serie di conferenze e in questo periodo ricucì i rapporti con la madre e i fratelli – il padre, nel frattempo, era morto – e tentò di convertire anche loro. Dopo la morte della madre venne inviato negli Stati Uniti sempre per evangelizzare gli ebrei, ma incontrò l’opposizione dell’arcivescovo di New York: quest’ultimo disse al Vaticano che l’attività di Mortara era fonte d’imbarazzo per la Chiesa.  Il sacerdote morì l’11 marzo 1940 a Liegi, in Belgio, dopo aver trascorso diversi anni in un monastero.

Il regista Steven Spielberg, che tra l’altro è di religione ebraica, ha annunciato che nel 2017 inizierà a girare un film proprio sul caso Edgardo Mortara, basandosi su un libro inchiesta intitolato Prigioniero del Papa Re, scritto dall’antropologo, storico e accademico ebreo americano David Kertzer. Il film s’intitolerà The kidnapping of Edgardo Mortara – Il rapimento di Edgardo Mortara -. Nella foto, il quadro con titolo omonimo di Moritz Oppenheim, 1862.