“Giarabub’s Man”, l’eroe dimenticato

Il Maggiore Salvatore Castagna e la battaglia di Giarabub

Quando pensiamo al secondo conflitto mondiale, noi non abbiamo soldati eroici da ricordare, non abbiamo imprese militari da raccontare ai nostri figli e nipoti. Il 10 giugno del 1940 Benito Mussolini dichiarò guerra a Francia e Inghilterra, una guerra che non doveva essere combattuta. Peggiore fu la sua fine l’otto settembre del 1943 con l’armistizio, la fuga di Vittorio Emanuele III, le forze armate abbandonate a se stesse e l’inizio di uno scontro civile macchiato da fatti orrendi e, a volte, ingiustificati.

Eppure, quel 10 giugno del 1940, tanti furono i giovani che  indossarono la divisa convinti di servire la Patria, disposti all’estremo sacrificio per suo amore e che oggi sono cancellati dalla memoria collettiva come se mai fossero esistiti, oppure citati solo per esprimere disprezzo nei loro confronti. Alcuni non hanno neppure trovato quiete da morti, sepolti fuori dai cimiteri perché indegni di pace. Questo è il destino che abbraccia gli sconfitti, ma la nostra storia, a partire da quell’otto settembre del 1943, ha testimoniato anche codardia del governo e della Casa Reale, ipocrisia di chi prima aveva inneggiato al Duce e poi faceva scempio del suo corpo. Furono anni di una crudeltà indicibile nello scontro anche d’italiani contro italiani che, nella sua divisione, avvelena ancora il presente e lo condiziona.

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“Giarabub’s Man”, l’eroe dimenticato

Quando pensiamo al secondo conflitto mondiale, noi non abbiamo soldati eroici da ricordare, non abbiamo imprese militari da raccontare ai nostri figli e nipoti, ma tra gli alleati, a partire dal 1941, si diffuse un termine per indicare un nemico che per coraggio e fierezza suscitava ammirazione e questa espressione era “Giarabub’s Man”. Noi lo conosciamo con un altro nome, Salvatore Castagna, e questa è la sua storia.

Salvatore Castagna

Salvatore Castagna era nato a Caltagirone, in provincia di Catania, il 14 gennaio 1897 e, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, partì volontario contro il parere dei genitori. Combattendo sul Carso, gli fu conferita la medaglia d´argento al valor militare e pochi giorni prima della fine del conflitto, combattendo sul Grappa, fu ferito alla testa. Rischiò di morire. Ristabilitosi, dal 1923 al 1925 prese parte alla riconquista della Tripolitania, in quella parte dell´Africa in cui nel 1937, col grado di Maggiore, ritornò quale comandante prima del presidio dì Iefren, poi di Bardia e infine di Giarabub; qui lo sorprese l’inizio della seconda Guerra mondiale.

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L’oasi di Giarabub

Giarabub è un´oasi a 50 chilometri dal confine egiziano dove nel 1856 una carovana aveva fondato uno dei più importanti santuari del mondo musulmano. Mura massicce la circondavano per otto chilometri e vi erano state costruite una scuola, una foresteria e una sede per la confraternita. L’Italia l’aveva occupata nel 1926, d´accordo con il governo egiziano, quale posto dì controllo di frontiera. Quando nell´aprile del 1940 il Maggiore Castagna vi fu destinato, il presidio era composto da 1340 militari italiani e 800 libici. L’armamento, assai modesto, vantava due cannoni dì piccolo calibro, 56 mitragliatrici, 12 mitra, oltre ai fucili Carcano Mod. 91 e le pistole individuali.

Gli Alleati conquistano la Cirenaica

Il 9 dicembre 1940, le forze inglesi in Egitto, prevalentemente composte da australiani, iniziarono la conquista di tutta la Cirenaica; solo il presidio di Giarabub resisteva a tutti gli attacchi. La decisione degli Alleati fu allora quella d’espugnarla per fame e l´assedio durò quattro terribili mesi. Lanciati dagli aerei, i rifornimenti si fecero sempre più rari e le razioni giornaliere furono ridotte a mezza scatoletta di carne e ottanta grammi di gallette. Gli ultimi animali, i due cammelli e 1´asino adibiti al pozzo d´acqua, furono sacrificati; tuttavia, i soldati italiani non si arrendevano.

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Il volantino con la richiesta di resa

Dopo tre mesi di resistenza e verso la metà di marzo, un aereo britannico lanciò sugli assediati dei volantini: «Difensori di Giarabub, abbiamo occupato l´intera Cirenaica catturando 150.000 prigionieri. Ogni sacrificio è inutile. Arrendetevi!».

Nessuno si arrenderà

Castagna non vuole obbligare i suoi a morire per una battaglia ormai perduta e allora raduna i superstiti. Ai libici dice che quella non è la loro guerra e non sarà un disonore arrendersi agli inglesi, ma la stragrande maggioranza decide di restare al fianco dei nostri soldati. In fila, nel cortile del presidio, sono tutti presenti, compresi coloro che si sorreggono con le stampelle, hanno perso un braccio o presentano il capo fasciato. La domanda che viene posta è semplice: chi non vuole arrendersi ma continuare a combattere, faccia un passo avanti.  Tutti avanzano e, per confermare la loro scelta, quei ragazzi compiono un gesto emblematico ed eroico: bruciano i loro fazzoletti bianchi. Nessuno potrà sventolarli in segno di resa.

L’ultimo disperato attacco

Sospinto dalla volontà dei soldati, Castagna lancia i suoi in un disperato attacco. Le truppe inglesi non comprendono la decisione di proseguire lo scontro senza alcuna possibilità di vittoria, ma restano ammirate nel vedere quel gruppo di uomini che avanza contro di loro sparando le ultime cartucce e qualcuno brandendo solo la baionetta. Rispondono con colpi di mortaio dalle alture e lanciando bombe a mano; una vola verso Castagna. Il fedelissimo portaordini Orazio Barbagallo ne vede la traiettoria e fa scudo con il proprio corpo per proteggere il comandante. Entrambi cadono gravemente feriti, ma riusciranno a sopravvivere. La battaglia durò fino a quando Castagna, vedendo i suoi ormai decimati e non in grado d’opporsi al nemico, diede ordine d’alzare la bandiera bianca. Gli ultimi colpi furono sparati dagli australiani sui soldati italiani mentre eseguivano l’ordine di ammainare la bandiera italiana e darle fuoco al cospetto del nemico

I superstiti sono curati e trasferiti a Bombay

Soccorsi dagli Alleati, Castagna e i superstiti furono portati in un ospedale della Palestina e, dopo la guarigione, in un campo di prigionia presso Bombay, dove trascorsero anni di attesa e umiliazioni.

Il ritorno a casa

Quando Salvatore Castagna tornerà in Italia, il 23 novembre 1946, l’eroismo suo e dei soldati di Giarabub presto si dissolse fino a cancellarsi. Solo gli inglesi continueranno ad ammirare quel pugno di uomini che non s’era arreso. Dopo aver rivisto la Sicilia, da lui chiamata la mia “diletta isola”, Castagna si stabilì a Roma per continuare la sua carriera nell’esercito, in silenzio. Ottantenne e dimenticato da tutti, morirà all´Ospedale Militare del Celio il 3 febbraio del 1977.

Massimo Carpegna

Massimo Carpegna
Massimo Carpegnahttp://www.massimocarpegna.com
Docente di Formazione Corale, Composizione Corale e di Musica e Cinema presso il Conservatorio Vecchi Tonelli di Modena e Carpi. Scrittore, collabora con numerose testate con editoriali di cultura, società e politica.