Indaco Chiaro Notturno, intervista alla scrittrice Michela Allegri. Un giovane talento sardo alla sua prima pubblicazione.
Un libro molto toccante, parla della fragilità umana in tutte le sue sfaccettature. La storia di Aryah, una ragazzina che lotta con i suoi demoni interiori. Quasi ogni giovedì scrive delle lettere a sua sorella Maddy, che non vede da anni. Al compimento della maggiore età decide di partire per l’Inghilterra, alla sua ricerca.
Ho intervistato, in esclusiva per i lettori di Quotidianpost, la scrittrice Michela Alessandra Allegri.

Ciao Michela, da cosa hai tratto ispirazione per scrivere la storia di Aryah?
Ciao a te! Per scrivere la storia di Aryah ho tratto ispirazione praticamente da tutto ciò che mi circonda e da ciò che mi porto dentro. Ci capita tutti i giorni di vedere episodi di menefreghismo e pressapochismo, superficialità e mancanza di empatia verso il prossimo. Ci si sente in diritto di giudicare la vita di una persona affidandosi solamente a ciò che traspare. Alla “facciata” formata di forza apparente che aiuta invece a celare una immensa fragilità da proteggere.
Parlare di Aryah mi ha aiutata a fare chiarezza con la parte più vera di me stessa, ad accettare queste fragilità e abbracciare le mie insicurezze. La società odierna ci impone modelli di vita che sovente sono tutto il contrario di ciò che vorremmo per noi stessi. I social media hanno influenzato il tutto purtroppo nel peggiore dei modi. I veri valori e le cose semplici di un tempo purtroppo stanno svanendo.
La domanda “come stai” sta diventando una semplice frase fatta e i rapporti tra le persone spesso e volentieri non sono genuini. Insomma, avevo bisogno di raccontare il mio punto di vista e il punto di vista di chi come me riesce poco a esprimersi con le parole per il timore di sentirsi giudicati.
Il tuo libro tratta temi molto delicati… come mai hai scelto proprio questo genere?
Ho scelto il genere romanzo psicologico perché come prima cosa sono una grande appassionata di psicologia da sempre. Trovo che la psiche umana sia un mondo da scoprire e da capire. Da comprendere appieno perché ognuno di noi è diverso e merita pieno ascolto.
Come seconda cosa penso che ci sia un po’ di Aryah in ognuno di noi. Quando abbiamo paura di ricominciare da zero, quando ci sentiamo messi con le spalle al muro per un motivo o per l’altro. Quando sovente ci sentiamo invincibili e “senza cuore”. Soprattutto quando vorremo semplicemente che le persone a cui vogliamo bene non ci abbandonino mai, perché altrimenti ci sentiremmo un po’ persi e disorientati.
Com’è nato il personaggio di Aryah?
È nato un po’ per caso, è entrata nella mia testa quasi senza preavviso. Aryah ha molti problemi, che non riesce a vedere. La sua sindrome di Borderline la porta a peggiorare in poco tempo. Il senso di frustrazione e abbandono ingrandisce le sue paranoie e le sue difficoltà nel relazionarsi con gli altri.
Diciamo che c’era una parte di Aryah dentro me che chiedeva di poter raccontare la sua storia tra silenzi pieni di parole. La paura del giudizio degli altri (nata con gli episodi di bullismo che ho vissuto soprattutto durante gli anni delle scuole medie e quel senso fastidioso di inadeguatezza che, come a lei, mi accompagnava sempre nel corso degli anni, Ndr.) e la sensibilità accentuata che più che un dono la si vede come una condanna perché ci costringe a pensare per venti.
Prima di costruire il suo personaggio, ho studiato la sua sindrome e ho cercato di estrapolarne le varie sfaccettature. Dagli episodi di promiscuità ai pensieri compulsivi, dall’abuso di sostanze e alcool. Il bisogno impellente di scrivere le sue lettere in una maniera quasi ossessiva. Il tutto accompagnato da allucinazioni e dal suo modo di vedere la realtà in un modo completamente distorto.
Hai avuto problemi nello sviluppo della trama?
Inizialmente il libro doveva avere una storyline completamente differente. L’idea di pubblicarlo è nata poco dopo aver fatto leggere qualche paragrafo a qualche amica. Leggendolo con attenzione, si è ritrovata a guardarsi dentro, a commuoversi. Mi disse “riesci a scrivere esattamente ciò che sto passando in questo momento, sai esattamente come mi sento senza spiegartelo”.
Mi sono sentita veramente d’aiuto. Quindi decisi di creare una serie di pensieri alla rinfusa e doveva essere una semplice pubblicazione di essi, senza un filo logico. Ma poi arrivò il blocco e mi fermai. Non riuscii più a scrivere fino a che una notte sognai la nuova trama (che è quella attuale di Indaco Chiaro Notturno).
Mi ritrovai a scrivere appunti per filo e per segno alle 4 del mattino e mi resi conto che poteva funzionare. Mi innamorai del personaggio di Aryah come se fosse una sorellina minore da proteggere e decisi di raccontare la sua storia.

Ti identifichi con qualche personaggio del tuo libro? Quale senti più vicino a te e quale non sopporti?
Diciamo che ogni personaggio del libro in un qualche modo mi identifica per qualche sfaccettatura del carattere. Ho volutamente deciso di rendere ogni personaggio buono e cattivo al tempo stesso. Questo perché la nostra visione di una persona è alquanto soggettiva. Ciò che per me è inaccettabile, per un’altra persona può essere sopportabile o addirittura da idolatrare e possiamo imparare a capire molto di noi osservando i comportamenti degli altri.
La freddezza di qualcuno nei nostri confronti ci può aiutare a esigere ascolto soprattutto da noi stessi e ciò aumenta la nostra autostima. La gentilezza estrema di qualcuno può essere vista come un mero tentativo di ingannarci o come bontà senza secondi fini. La schiettezza con la quale ci viene presentata la realtà dei fatti può essere odiata inizialmente ma poi ammirata e ci aiuta a capire che non sempre l’estrema sincerità è un male.
Sento comunque più vicina a me Aryah per quanto riguarda la sensibilità, la sua personalità fragile, vera e cruda nascosta sotto strati di menefreghismo e apparente forza. A tratti Yasuo, per la voglia di aiutare e stare vicino a un’anima “interrotta” in modo completamente genuino e disinteressata, senza secondi fini.
Non c’è un personaggio che non sopporto, poiché significherebbe non comprendere io in prima persona che ognuno di loro ha le sue fragilità con cui deve combattere ogni giorno.
A quale tipologia di pubblico è rivolto il tuo libro?
Non vorrei fare distinzioni tra pubblico ideale e non. Poiché ognuno di noi almeno una volta nella vita si è ritrovato a fronteggiare emozioni e sentimenti di tale portata. Mi piacerebbe indirizzarlo alle nuove generazioni che, purtroppo, ultimamente hanno perso una buona parte della sensibilità e del rispetto del prossimo.
Ai genitori che non vogliono vedere realmente le cose come stanno. Vorrei anche poter attirare l’attenzione di coloro che si sentono presi in giro, incompresi, vittime di bullismo. Soli o fragili per fargli capire che non sono gli unici a provare certi sentimenti e che, in un modo o nell’altro con i propri tempi, possono parlarne sempre con qualcuno che non esiterà ad aiutarli e ascoltarli.
Hai in progetto di scrivere qualcosa di nuovo?
Assolutamente si, ma ora voglio concentrare anima e corpo sulla promozione di Indaco Chiaro Notturno. Per scriverlo ci ho messo quasi un anno e mezzo e voglio dedicargli tutto il tempo necessario.
Hai mai pensato a un finale alternativo?
Si, più volte, ma credo che il messaggio non sarebbe stato trasmesso nel modo in cui avrei voluto. L’unico modo era utilizzare questo finale per sensibilizzare su quanto a volte delle parole e dei gesti per noi irrilevanti, possano danneggiare una persona per sempre.

Ti ringrazio per la bella chiacchierata. Per concludere vorresti dire qualcosa ai tuoi lettori?
Grazie a te per avermi dato l’opportunità di poter raccontare qualcosa di me e del mio primo romanzo. Vorrei semplicemente dire che leggere crea (in)dipenza, ci aiuta ad avere le nostre idee, le nostre opinioni senza farci sopraffare da chi ci vorrebbe tutti uguali e poco pensanti. Quindi leggete, leggete tanto.
Leggete il mio libro e datevi una possibilità in questa vita di essere felici ma felici completamente, senza limitazioni.Senza farvi dire cosa dovete e cosa non dovete fare per esserlo ma rispettando sempre il prossimo. Spero davvero di esservi d’aiuto per far pace con la parte più fragile di voi stessi e quindi ad accettarla perché siete ciò che di meglio ci possa essere. Grazie!