L’undici novembre del 1942, a battaglia conclusa, il Primo Ministro inglese Sir Winston Spencer Churchill commentò ammirato: «Dobbiamo inchinarci davanti ai resti di quelli che furono i Leoni della Folgore». Gli fece eco la BBC: «I resti della divisione Folgore hanno resistito oltre ogni limite delle possibilità umane!». In questa eroica resistenza dei “parà” nella depressione di El Qattara e delle forze italiane su tutto il fronte di El Alamein, il nostro contingente perse 17.000 uomini. Questo sacrificio fu così commemorato dalla Medaglia d’Oro, Tenente Colonnello Alberto Bechi Luserna: «Fra sabbie non più deserte sono qui di presidio per l’eternità i ragazzi della Folgore, fior fiore di un popolo e di un esercito in armi. Caduti per un’idea, senza rimpianti, onorati dal ricordo dello stesso nemico».
Le ragioni della battaglia
La battaglia di El Alamain si articolò in due momenti: il primo vide i corpi d’armata italiani addentrarsi in Egitto, con l’obiettivo di troncare la linea di rifornimenti britannica del canale di Suez (1° luglio – 27 luglio 1942); il secondo segnò la riconquista degli Alleati dei territori persi e pose il punto di svolta nella Campagna del Nord Africa, consegnando agli inglesi il dominio del Mediterraneo. Un intero fronte fu cancellato e aprì la strada allo sbarco in Sicilia e ad un cambiamento radicale delle sorti della guerra.
Gli schieramenti
A fronteggiarsi nella seconda battaglia di El Alamein sono il generale tedesco Erwin Rommel, “The desert fox”, e Bernard Law Montgomery, che seppe trasformare «un assembramento di nuclei senza coesione» in un’«efficiente macchina da guerra».
Le presenze sul campo erano in netto favore per l’Ottava Armata britannica, che contava 220 mila uomini perfettamente equipaggiati e ben nutriti; contro di loro, 96 mila dell’Afrika Korps italo-tedesca, con munizioni in esaurimento al pari dei vettovagliamenti. Dato rilevante erano le tre divisioni corazzate subito a disposizione di Montgomery, che equivalevano a sette divisioni di fanteria.
La strategia di Montgomery
Il piano del generale inglese era sostanzialmente semplice: attaccare il centro del settore nord, tenuto dagli italiani della “Trento“: le informazioni a disposizione dei britannici erano che quello corrispondeva al punto debole dell’intera difesa, poiché i nostri soldati erano i peggio armati. La prima mossa di Montgomery è quella di dirigersi a sud, ma con l’intenzione di attaccare poi in forze sul lato opposto. Nei giorni precedenti, e avvalendosi di uno scenografo cinematografico e di un illusionista, ha mimetizzato un’ingente quantità di uomini e mezzi a nord e disposto, disordinatamente e in bella vista, un contingente molto inferiore a sud. Ciò inganna Rommel, convinto che, se quelle sono le reali forzi inglesi, l’attacco non avrebbe potuto iniziare prima di novembre.
L’impegno della Royal Air Force
Gli aerei tedeschi e italiani sarebbero stati in grado di scoprire le intenzioni di Montgomery e così la RAF è massicciamente impiegata per evitare che i cieli nel settore nord siano sorvolati; lo sforzo è coronato dal successo e il generale inglese pone un’importante ipoteca sul fattore sorpresa.
Rommel è in ospedale e inizia la battaglia
Esausto e sofferente al fegato per un’infezione, Rommel cede alle pressioni del medico e torna in Germania dove si fa ricoverare in ospedale; in sua assenza, comincia la battaglia esattamente alle 21,40 del 23 ottobre 1942, con più di mille cannoni che, contemporaneamente, aprono il fuoco sulle posizioni occupate a nord dalla fanteria dell’Asse.
La morte misteriosa del generale Stumme
Alle 22:00 avanzano i soldati inglesi con il 30° e il 13° Corpo d’Armata, che tentano d’aprirsi un varco tra le linee fortificate nemiche e sono seguite da due divisioni corazzate del 10°. Nonostante un fuoco incessante e imponente, italiani e tedeschi resistono al di sopra di tutte le aspettative, ma all’alba del 24 ottobre, il 30° Corpo d’Armata britannico raggiunge le postazioni che gli erano state assegnate. Il generale tedesco Stumme, che ha sostituito Rommel, muore in circostanze misteriose: per alcuni a causa di un arresto cardiaco e per altri si è sparato alla tempia per il disonore.
Hitler ordina a Rommel di tornare sul campo
È ancora notte fonda e il 25 ottobre Montgomery raduna il suo staff al fine di comunicare la strategia agli ufficiali: alle prime luci dell’alba, le forze corazzate dovranno attaccare. Presso l’altura chiamata Kidney Ridge, l’8° Armata si scontra furiosamente con la 15° divisione tedesca e l’italiana “Ariete”, mentre Hitler ordina a Rommel d’abbandonare l’ospedale e tornare immediatamente al comando dell’Afrika Korps. Il generale raggiungerà le truppe dell’Asse nel pomeriggio. Il 26 proseguono i combattimenti ed entrano in azione anche i caccia della Luftwaffe e della RAF con quest’ultima spesso vittoriosa nei duelli.
Rommel riesce a contrastare l’avanzata e il 28 sera sono circa 300 i carri armati inglesi distrutti nel tentativo di sfondare la linea; Montgomery, allora, spinge verso nord la 7° divisione corazzata britannica e la 9° australiana. Le disposizioni sono quelle d’operare lo sfondamento decisivo, denominato “Supercharge“.
Il racconto del generale Harold Alexander
Con queste parole lo raccontò il generale Harold Alexander: «La notte del 28 e poi nuovamente il 30 ottobre, gli australiani attaccarono verso nord in direzione della costa, riuscendo finalmente a isolare quattro battaglioni tedeschi rimasti sul posto. Il nemico sembrava fermamente convinto che intendessimo attaccare lungo la strada e la linea ferroviaria e reagì alla nostra puntata con estrema energia. Rommel spostò la 2° divisione corazzata dalla sua posizione a ovest del nostro saliente; vi aggiunse la 90° divisione leggera, che sorvegliava il fianco nord dello stesso saliente, e lanciò le due unità in furiosi attacchi per disimpegnare le truppe accerchiate. Il posto lasciato libero dalla 2° divisione corazzata fece avanzare la divisione “Trieste”, che era la sua ultima unità di riserva non ancora impiegata. Mentre Rommel era così duramente impegnato e dava fondo alle ultime formazioni fresche che gli rimanevano nel tentativo di disimpegnare un solo reggimento, noi fummo in grado di completare senza essere disturbati la riorganizzazione delle nostre forze per l’operazione “Supercharge”. La magnifica puntata degli australiani, attuata con una serie ininterrotta di aspri combattimenti, aveva volto a favore degli inglesi le sorti di tutta la battaglia.»
L’ordine perentorio di Hitler
Alle ore 1:00 A.M. del 2 novembre inizia l’operazione e le brigate britanniche, protette da un fuoco di sbarramento esploso da 300 pezzi d’artiglieria, riescono a sfondare, insieme alla divisione neozelandese. Ma lo scontro non è affatto finito: davanti alle truppe anglo-americane si trova un’altra linea difensiva lungo la pista di El Rahman. Quando tramonta il sole, dei 240 carri armati dell’Afrika Korps ne restano 38 e Rommel vorrebbe ripiegare, ma arriva un ordine perentorio di Hitler: morire, piuttosto che indietreggiare.
Nelle prime ore del 4 novembre, Montgomery ha ormai aggirato lo sbarramento anticarro italo tedesco e non vi è più alcuna possibilità per Rommel di ribaltare a suo favore la battaglia. Alle 15.30 giunge al comandante tedesco la notizia che la divisione italiana “Ariete” non esiste più, spazzata via dalle forze inglesi e alle 20 la brigata corazzata britannica ha raggiunto la litoranea.
La Folgore non si arrende
Nonostante l’ordine di Hitler, Rommel decide la ritirata per evitare ai suoi uomini un inutile massacro, ma un corpo continua a combattere: sono i paracadutisti della “Folgore”, ai margini della depressione di El Qattara. Hanno di fronte il 13° Corpo d’Armata britannico e non cedono di un metro. Da 5000 militi partiti dall’Italia, sono rimasti in 304, ufficiali compresi.
Resistono per 13 giorni con scarsissimi viveri, una gamella d’acqua che sa di cherosene e insufficiente potenza di fuoco. Gli inglesi sono così impressionati da tanta tenacia, coraggio e valore, che quando gli italiani non hanno più nulla da sparare e si arrendono, concedono loro la resa con le armi. Feriti, esausti, arsi da un sole implacabile, sfilano impettiti e con le divise sistemate alla meglio davanti al 13° Corpo d’Armata britannico sull’attenti in loro onore. Gli ufficiali rimasti gridano all’unisono: «Parà!» e, come un ruggito di leoni che si disperde tra le dune, rispondono i paracadutisti: «Folgore!». E la loro Storia divenne leggenda.
Massimo Carpegna