Secondo la versione ufficiale, raccontata da Walter Audisio sulle pagine de L’Unità, la morte di Benito Mussolini avvenne il 28 aprile 1945 a Giulino, poco dopo le 16 e il luogo scelto per l’esecuzione fu l’ingresso esterno di villa Belmonte. La raffica di colpi troncò la vita accidentalmente anche alla sua amante Claretta Petacci, nonostante che nella prima stesura il Colonnello “Valerio” abbia affermato che anche lei fu giustiziata e dopo Mussolini. E’ questa la verità storica?
La cronaca del Colonnello “Valerio”
Nella cronaca di Audisio, pubblicata anche postuma in un libro del 1975 dal titolo “In nome del popolo italiano”, non si cancella il dubbio che a sparare fu o si aggiunse anche Michele Moretti, altro partigiano presente sul luogo dell’esecuzione. Chiunque sia stato a premere il grilletto, il racconto riferisce che Mussolini morì a causa di colpi sparati da arma da fuoco, e tale versione fu confermata dall’esame autoptico eseguito sul cadavere del Duce alle ore 7.30 del 30 aprile 1945 dal prof. Caio Mario Cattabeni. Il patologo forense rilevò la presenza di sette fori di entrata di proiettili, annotando anche l’assenza di residui di cibo nello stomaco.
Giustiziato al mattino?
Quest’ultimo dato suggerì l’ipotesi che Mussolini non fosse stato ucciso poco dopo le 16 del 28 aprile 1945, ma al mattino di quello stesso giorno. Nella versione di Audisio, il Duce si alzò tardi il giorno della sua morte e il pranzo preparato dai De Maria era a base di polenta, latte, pane e salame.
La perizia del prof Baima Bollone
Una nuova perizia nel 2005 del prof. Pierluigi Baima Bollone, ordinario di medicina legale all’università di Torino sulla necroscopia effettuata dal prof. Cattabeni, ipotizzava la mancanza di cibo nello stomaco di Mussolini a causa dell’ulcera della quale soffriva il Duce. Per questo problema di digestione, Mussolini osservava una dieta particolare, che gli permetteva di evacuare il cibo entro un paio d’ore. La domanda logica è se la famiglia De Maria e i partigiani a guardia del condannato a morte abbiano avuto una tale gentilezza da cucinargli un pasto ad hoc in un periodo in cui era già un’impresa trovare del cibo.
Nel suo studio, il prof. Bollone non esclude l’ipotesi che Mussolini non abbia ingerito cibo dalla sera del giorno precedente e neppure che la morte del Duce sia avvenuta al mattino del 28 aprile.
Il mistero del rigor mortis
A confermare quest’ultima ipotesi, parrebbe proprio la relazione autoptica originaria del prof. Cattabeni, che cita “una rigidità risolta alla mandibola e persistente agli arti” del corpo di Mussolini.
Il fatto che, sul cadavere del Duce, si fosse conclusa la rigidità della mandibola, mentre persisteva ancora il processo sugli arti, indica che nel momento dell’autopsia, le 7,30 del 30 aprile, erano già trascorse 46-48 ore dal decesso e non 39, se la morte fosse avvenuta alle 16,10.
Dalle fotografie d’epoca notiamo che vollero assistere all’autopsia anche alcuni partigiani ed è logico immaginare la loro pressione psicologica sul prof. Cattabeni che, difatti, non scrisse nulla su questa discrepanza.
Cosa s’intende per rigor mortis?
Per comprendere il fenomeno del “rigor mortis”, è bene sapere che consiste in uno stato di contrattura di tutti i muscoli del cadavere e che inizia, in linea di massima, 6/7 ore dopo il decesso. Il suo principio è quasi sempre dai muscoli masseteri e temporali, poi si estende a quelli del collo e del tronco e infine ai muscoli degli arti superiori e inferiori. Il rigor mortis si conclude in circa 72 ore.
Quanto scrive il prof. Cattabeni – “Rigidità cadaverica risolta alla mandibola. Persistente agli arti” – pone sicuramente in dubbio la veridicità sull’orario del decesso che, a sua volta, chiede ragione sulle motivazioni che suggerirono a Walter Audisio di spostare l’esecuzione, se tale è stata, di 7/8 ore.
L’elaborazione computerizzata delle immagini
Recentemente, medici legali ed esperti informatici dell’Università di Pavia hanno applicato i più recenti sistemi d’indagine criminale alle fotografie storiche scattate al Duce e alla Petacci a Piazzale Loreto e sul tavolo anatomico. I risultati scientificamente provati smentiscono ancora una volta le versioni ufficiali pubblicate dal quotidiano comunista “L’Unità” e raccontate da Walter Audisio, il Colonnello “Valerio”.
Le ricerche sono state coordinate dal prof. Giovanni Pierucci: uno dei maggiori esperti di anatomopatologia forense. Per comprendere l’iter dell’indagine sulle fotografie, occorre sapere che, anche se rovinate e antiche, le immagini contengono moltissime informazioni, che il computer e le strumentazioni moderne possono leggere a differenza dell’occhio umano.
Massimo Carpegna (continua)