Musica e parole: intervista a Carmine Spera

La rubrica musica e parole darà voce agli autori, letterari o musicali che siano. Oggi ai nostri microfoni si racconta Carmine Spera.

Musica e parole: intervista a Carmine Spera

Musica e parole, un connubio perfetto. Parole come note che si propagano in uno spazio temporale spesso visibile solamente a chi ama sognare e fa della vita un autentico capolavoro. Per sognare, in fondo, non serve essere luminari o possedere titoli di studio di alto rango ma semplicità ed umiltà.

In questa rubrica daremo voce ad artisti, sia del campo letterario e sia del campo musicale. L’artista che oggi ha deciso di raccontarsi si chiama Carmine Spera.

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Musica e parole: intervista a Carmine Spera

“Buongiorno Maestro e grazie per l’intervista che mi sta concedendo”.

“Credimi per un attimo mi sono girato, non avevo capito che ti stessi rivolgendo a me. “Maestro” sarei io?  Ah… Grazie e grazie a te per l’intervista”.

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“La prima domanda potrebbe sembrare banale, ma ci dica come è nata la sua passione per la musica? A che età?”

“Non mi sembra affatto una domanda banale. Lo è! (Ahhaha) scherzo, ho iniziato da piccolissimo ad amare le filastrocche e a 7 anni ne scrivevo alcune che venivano fuori già con un motivo musicale”.

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“Secondo lei è più facile scrivere una canzone oppure un romanzo?”

“Se la domanda precedente era banale questa è stupida! (Ahhaha) guarda che scherzo! E’ inutile che fai quella faccia!  Ma è come chiedere se è più facile fare una scultura o tirare una punizione a giro. Prova a fare questa domanda a Michelangelo e a Maradona e fammi sapere cosa ti rispondono”.

“Quale è il genere musicale che preferisce?” (Mea culpa avevo scritto generale invece di genere)

“Il generale? Ma come parli? Ah il genere? Scusa avevo capito male. Ascolto di tutto e amo tutto. Riesco a passare con naturalezza dai Nirvana a Pupo facendo una capatina a qualche successo di Albano senza tralasciare Nino D’Angelo”.

“Quale è una sua canzone preferita?”

“Se devo dirne una dico Yes i Know my way di Pino Daniele”.

“Quali cantanti o musicisti hanno avuto un ruolo fondamentale nella sua crescita professionale?”

“Per me che scrivo canzoni per bambini un ruolo fondamentale l’hanno avuto Fasano, Grottoli e Vaschetti, Gardini,Iardella, Maria Francesca Polli e Giuseppe De Rosa”.

“C’è una canzone che avrebbe voluto tanto scrivere? Se sì, quale?”

“Se parliamo di musica leggera italiana direi “Io vorrei..non vorrei …ma se vuoi” di Lucio Battisti e Mogol, se ci riferiamo a canzoni per bambini penso a (Il topo con gli occhiali)”.

“Quando ha scritto la sua prima canzone? Quale titolo aveva?”

“A sette anni composi “ Se ci sei anche tu accendiamo la tv e ci vediamo Re Artù”. Il titolo è lungo quanto la canzone”.

“Quale è, tra quelle inviate allo Zecchino d’Oro, la canzone che le è rimasta impressa nel cuore?”

(7 Sette) perché è la prima che fu scelta. E ci ho lavorato su per anni e anni. Allora avevo meno esperienza ma sentivo che prima o poi sarebbe stata presa in considerazioni”.

“Come è iniziata la sua avventura allo Zecchino d’Oro?”

“Ho inviato canzoni per anni ed anni fino a quando nel 2010 fu scelta “7”. Fu per me un’esperienza che non dimenticherò mai”.

“Ci dica, quale è il segreto, se c’è, per scrivere una canzone per bambini che piaccia?”

“Eh furbetto!!! Se io ti dico il segreto dopo tu lo utilizzi e scrivi una canzone famosa, vero? Dai, non esiste un segreto, è una questione di messaggio e linguaggio. Se hai il messaggio ma non utilizzi il linguaggio adatto o se utilizzi il linguaggio per un messaggio che non interessa non ci riesci. Io dico che è una questione di fortuna prima che di bravura. Io sono fortunato (almeno credo) a saper comunicare ai bambini e magari non saprei mai scrivere una canzone a Ghali. E non è detto che un tipo di canzone sia più facile dell’altra”.

“Quali ricordi ha del suo essere stato bambino?”

“Che piangevo sempre. Questa cosa un giorno sarà oggetto di tavole rotonde di psicanalisti”.

“Se il bambino che vive dentro lei potesse parlare dell’uomo che è diven

tato. Secondo lei cosa direbbe?”

“Direbbe: Ho paura che prima o poi ci scoprano e dobbiamo diventare grandi”.

“Cosa rappresenta per lei lo Zecchino d’Oro?”

“Ho cercato (e sto cercando) altre manifestazioni come Lo Zecchino d’Oro in altre parti del mondo ma non pare che ci siano. Non è un festival. Ma è tra i pochi produttori d

i canzoni di alta qualità destinate al mondo dell’infanzia. Penso che ciò che sto dicendo no

n sia irrilevante perché con la rete oggi si può mettere in giro di tutto senza che nessuno controlli nulla. Attenzione, io non parlo di controllo inteso come la possibilità di censurare, ma parlo di controllo inteso come garanzia di qualità”.

“Se le dicessero di scegliere un soprannome buffo, quale sceglierebbe e

 perché?”

“Parolante. Non è buffo ma mi rappresenta molto sia in modo positivo che negativo”.

“Quali consigli si sente di dare ai bambini di oggi per il loro futuro?”

“Di imparare a perdonare perché avranno tanto da perdonarci! Dai, sono stato troppo serio. Il consiglio è di mettere da parte un po’ computer e giochi elettronici e giocare di p

iù coi propri amici”.

“E ad un giovane autore che si appresta a scrivere canzoni per bambini, quali 

consigli darebbe?”

“Scrivi, scrivi, ma scrivi divertendoti altrimenti la canzone non piacerà a nessuno”.

“Grazie per l’intervista e in bocca al lupo per i futuri impegni”.

“Grazie. Scusa se qualche volta mi sono rivolto male, però ammettilo non è che sei così perfetto. A volte sembri Marzullo e a tratti il commissario Montalbano. Ora che abbiamo finito me la togli (sta lampada dalla faccia?)”.