Musica e parole: intervista a Flavio Careddu

La rubrica musica e parole darà voce agli autori, letterari o musicali che siano. Oggi ai nostri microfoni si racconta Flavio Careddu.

Musica e parole: intervista a Flavio Careddu

Musica e parole, un connubio perfetto. Parole come note che si propagano in uno spazio temporale spesso visibile solamente a chi ama sognare e fa della vita un autentico capolavoro. Per sognare, in fondo, non serve essere luminari o possedere titoli di studio di alto rango ma semplicità ed umiltà.

In questa rubrica daremo voce ad artisti, sia del campo letterario e sia del campo musicale. L’artista che oggi ha deciso di raccontarsi si chiama Flavio Careddu.

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Musica e parole: intervista a Flavio Careddu

“Buongiorno Maestro e grazie per l’intervista che mi sta concedendo”.

“Lascerei ad altri l’appellativo ‘Maestro’. Io fatico ad ammaestrare me stesso, figuriamoci gli altri”.

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“La prima domanda potrebbe sembrare banale, ma ci dica come è nata la sua passione per la musica? A che età?”

“Più che una passione per la musica, la mia è una passione per le parole, visto che non sono un musicista e mi diletto semplicemente nella composizione di testi. Anche le parole, però, hanno una loro musica ed è molto bello quando si riesce a farle “sposare” con una melodia. Devo dire che, da questo punto di vista, fin da ragazzino amavo molto leggere i testi delle canzoni, ascoltare i brani per come vi si incastravano le parole. Talvolta mi divertivo anche a fare “parodie” di canzoni già esistenti, cambiandone le parole nel rispetto della metrica: trovare parole metricamente “equi-valenti”, cioè incastrate bene con la melodia, ma magari con un senso buffo, è un esercizio che, tuttora, trovo molto spassoso”.

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“Secondo lei è più facile scrivere una canzone oppure un romanzo?”

“Difficile rispondere: entrambi hanno proprie e distinte regole. Forse un romanzo, anche per l’utilizzo della prosa e per la disponibilità di spazio nella scrittura, lascia più libertà espressiva. Il testo di una canzone richiede maggiore capacità di sintesi ed inoltre è vincolato, di solito, a regole metriche, di rima, di selezione delle parole sulla base di una loro intrinseca musicalità, e così via. In più, la canzone non è solo testo, ovviamente, perciò per realizzare una bella canzone serve anche una bella musica, un buon arrangiamento, una convincente interpretazione”.

“Quale è il generale musicale che preferisce?”

“Amo molto i cantautori italiani “storici”: De Andrè, De Gregori, Fossati, su tutti. Da molti anni a questa parte mi sto poi appassionando sempre più alle canzoni per l’infanzia”.

“Quale è una sua canzone preferita?”

“Dovendone scegliere una (ma facendo torto a moltissime altre), direi “Sempre e per sempre” contenuta nell’album “Amore nel pomeriggio” di Francesco De Gregori”.

“Quali cantanti o musicisti hanno avuto un ruolo fondamentale nella sua crescita professionale?”

“Non essendo io né musicista né cantante, risponderò soltanto con riferimento alla parte testuale delle canzoni. Dal punto di vista dei testi, devo dire che De Andrè resta un punto di riferimento unico e inarrivabile”.

“C’è una canzone che avrebbe voluto tanto scrivere? Se sì, quale?”

“Sempre e per sempre”.

“Quando ha scritto la sua prima canzone? Quale titolo aveva?”

“Se non ricordo male, il mio primo testo di canzone si intitolava “Posada” ed era una canzone scherzosa, dedicata all’omonimo paese sardo della Baronia, a cui sono profondamente legato”.

“Quale è, tra quelle inviate allo Zecchino d’Oro, la canzone che le è rimasta impressa nel cuore?”

Senz’altro “Canzone scanzonata”, ovviamente, anche perché, tra quelle a cui ho collaborato, è la prima ad aver raggiunto una finale, tra l’altro nella prestigiosa Sessantesima Edizione dello Zecchino d’Oro”.

“Come è iniziata la sua avventura allo Zecchino d’Oro?”

Da quando avevo circa vent’anni ho iniziato a interessarmi dei testi delle canzoni dello Zecchino: mi affascinava la capacità degli autori di riuscire spesso a far arrivare messaggi anche importanti attraverso il ricorso a vocaboli semplici e storie divertenti. Tre o quattro anni fa ho avuto l’onore di conoscere Carmine Spera, una persona squisita e dotata di gran senso dell’umorismo. Gli ho espresso il mio desiderio di collaborare a una canzone per lo Zecchino d’Oro e gli ho inviato una bozza di testo che, poi, grazie anche agli amici Herbert Bussini e Valerio Baggio, si è trasformata in (Canzone scanzonata)”.

“Ci dica, quale è il segreto, se c’è, per scrivere una canzone per bambini che piaccia?”

“Un segreto non credo che esista. Ce ne sono centinaia, mi sa, non tutti svelati, e in ogni caso nessuno di essi dà la garanzia che, alla fine, la canzone piaccia davvero. La cosa fondamentale, a mio avviso, è la passione: per riuscire a combinare qualcosa di buono, qualsiasi cosa (in qualunque campo di attività, peraltro), bisogna anzitutto metterci passione, dedizione, Amore. Scrivendo un testo, io mi devo soprattutto divertire, ecco. Questo non significa che debba per forza trattarsi di una canzone divertente (anche se questo, forse, è il genere di canzoni per l’infanzia che preferisco): il “divertimento” può derivare anche dalla sfida, a volte quasi “enigmistica”, consistente nella ricerca delle parole giuste per quel particolare passaggio, per esprimere quella specifica emozione, per descrivere una determinata situazione o un personaggio”.

“Quali ricordi ha del suo essere stato bambino?”

“Ho trascorso una bellissima infanzia, con genitori attenti e amorevoli. Conservo bellissimi ricordi. Forse i più cari sono quelli delle vacanze estive che trascorrevo in Sardegna, a Posada, con i miei nonni, i genitori, i miei fratelli e i miei cugini”.

“Se il bambino che vive dentro lei potesse parlare dell’uomo che è diventato. Secondo lei cosa direbbe?”

“Sono convinto che parlerebbe di me con soddisfazione e ammirazione. Sì, forse, guardandomi, lì per lì, il suo sguardo tradirebbe una vena di amarezza, ma ci penserei subito io a farlo sorridere. I bambini, tutti, dovrebbero sempre sorridere. Sono meravigliosi quando ridono. E l’aggettivo “meravigliosi” è comunque riduttivo: non rende l’emozione che la risata di un bambino sa regalare”.

“Cosa rappresenta per lei lo Zecchino d’Oro?”

“È la più importante e prestigiosa manifestazione di canzoni per l’infanzia, a livello mondiale, direi. Lo Zecchino è lo Zecchino, insomma. Non ha bisogno di descrizioni o spiegazioni: è un pezzo di cultura italiana. Ed è anche un appuntamento che riassume in sé le mille lodevoli iniziative che l’Antoniano di Bologna porta avanti da oltre mezzo secolo a favore di grandi e bambini”.

“Se le dicessero di scegliere un soprannome buffo, quale sceglierebbe e perché?”

“Valentino. Non perché io vesta alla moda, tutt’altro, ma perché mi muovo lentamente, con le stampelle o in carrozzina, a causa delle mie difficoltà deambulatorie. Quindi: Va-lentino è perfetto”.

“Quali consigli si sente di dare ai bambini di oggi per il loro futuro?”

“Cercare di fare sempre le cose con amore e passione. Scegliere, laddove possibile, percorsi di studio e di vita piacevoli, perché è da lì che possono venire tutte le maggiori soddisfazioni. E poi, evitare le persone negative, quelle che vedono sempre tutto buio, i bicchieri mezzi vuoti, e che non sanno cogliere le piccole cose belle di ogni giorno”.

“E ad un giovane autore che si appresta a scrivere canzoni per bambini, quali consigli darebbe?”

“La stessa cosa: metterci passione e amore. Il resto, se deve arrivare, viene da sé. Ma col vantaggio che, se non arriva niente di concreto, resterà comunque la soddisfazione di aver scritto una bella canzone. Non deve essere necessariamente una canzone di successo, non deve piacere a tutti: se poi piace, tanto meglio. Ma ciò che conta davvero, per un artista, grande o piccolo, è la consapevolezza di aver dato il massimo col massimo amore possibile, creando qualcosa che prima non c’era e adesso c’è. Un ulteriore consiglio che mi sento di dare, quindi, è quello di non abbattersi mai davanti a un insuccesso, ma di continuare a esprimere la propria vocazione artistica, magari approfondendo e sostenendo la passione con l’ascolto di altre canzoni e la lettura di altri testi. Non si finisce mai di imparare, del resto. E la costanza deve sempre andare a braccetto con l’umiltà”.

“Grazie per l’intervista e in bocca al lupo per i futuri impegni”.

“Prego. Anzi, grazie di tutto”.