Elezioni Usa, le schede postali riservano sorprese

Donald Trump contesta il risultato favorevole a Joe Biden negli stati in bilico e i ricorsi fanno affidamento sulle indagini di brogli legati al voto postale

Le elezioni negli Usa si sono svolte il 3 novembre ma le schede postali riservano sorprese, alimentando i ricorsi del team legale del presidente Donald Trump che non accetta la vittoria dell’avversario, denunciando brogli in vari stati dell’unione e non escludendo il ricorso alla corte Suprema Federale.

Gli Stati Uniti divisi tra due visioni opposte dei valori identitari

Nikola Kedhi collaboratore di riviste specializzate in lingua italiana, inglese e albanese in ambito politico, economico e finanziario ricostruisce il contenzioso e sottolinea come Donald Trump, forte di circa 71 milioni di voti, sia diventato l’alfiere di tutti coloro che ne apprezzano il pragmatismo, tipico della sua formazione da business man, che si concilia con la tutela della libertà individuale dalle ingerenze eccessive dello Stato, l’iniziativa imprenditoriale, la tradizione e la storia che sono la spina dorsale identitaria, legata peraltro al cristianesimo. Per questi motivi, i sostenitori lo identificano come il leader più adatto a contrapporsi alla visuale liberal e politically correct del partito di Joe Biden.

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Una nazione sempre più polarizzata, dunque che ha visto contrapporsi tra l’altro la visione pro vita di Trump, rispetto alle libertà assolute che i democratici sostengono anche sulle spinose questioni dell’aborto e delle istanze Lgbt. Ma questa volta, le elezioni hanno preso una piega inaspettata, causa Covid-19, che ha moltiplicato a dismisura il voto per posta, con l’arrivo di almeno 65 milioni di schede.

I problemi del voto postale

Il sistema americano ha due tipi distinti di voto per corrispondenza: l’absentee ballot prevede che il votante richieda di esercitare il suo diritto senza recarsi al seggio, ma deve dichiarare le generalità, lasciando quindi una traccia nel sistema a livello di indirizzo e identificazione personale, mentre il mail-in vote si limita a un invio di scheda agli elettori che poi la rispediscono votata e non ha tracciamento. Di conseguenza, milioni di cittadini in vari stati hanno ricevuto la scheda senza dover inserire data, indirizzo o verifica d’identità.

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Kehdi segnala che in Wisconsin, Michigan, Pennsylvania e Georgia, che sono rimasti in bilico fino all’ultimo, sono comparsi dal nulla migliaia di voti postali, denunciati da numerosi report giornalistici, ovviamente privi di qualsiasi riscontro identitario del votante. A questo si aggiungono prove video, che il team legale di Donald Trump intende esibire alle corti di giustizia, di persone intente a bruciare schede elettorali o a gettarle nel cassonetto dei rifiuti.

La complicazione è anche legale perché 16 stati americani, oltre al Distretto di Columbia, non richiedono alcuna forma di identificazione elettorale e questo ha scatenato un ulteriore polemica, perché sono per lo più a maggioranza democratica e il partito dell’asinello si batte per eliminare questo obbligo anche negli altri, alimentando il dubbio negli elettori repubblicani che il totale anonimato favorisca manovre tendenzialmente fraudolente.

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Ulteriori motivi di contesa tra Biden e Trump

I repubblicani puntano anche il dito sull’estensione del voto fino al 6 novembre in Pennsylvania da parte dei democratici, accusandoli di azione incostituzionale, anche se la corte Suprema dello stato lo ha reso legalmente possibile. Come se non bastasse, l’informatica ci ha messo lo zampino con un difetto nel software e nella contea di Wayne, in Michigan, oltre 14.000 voti scrutinati riguardavano persone decedute, mentre a Rochester Hill 2.000 voti sono stati conteggiati due volte a favore di Joe Biden.

Ben 47 contee usano lo stesso software Dominion, al pari di altri 30 stati, compresi Nevada, Arizona, Michigan, Wisconsin, Georgia e Pennsylvania in cui si gioca il grosso della battaglia legale di Trump. Inoltre, alcuni documenti attesterebbero che il software in questione ha ottenuto finanziamenti dalla fondazione Clinton, alimentando i sospetti del Tycoon.

Le indagini work in progress

Ci sono purtroppo molti sistemi per falsificare il voto postale e iniziano già gli arresti di personaggi che cercavano di attraversare il confine con il Canada, trasportando scatole piene di voti postali già pronti da gettare nella mischia del conteggio. La domanda però è quanti saranno riusciti a farla franca, dato che emergono altre situazioni inquietanti, compreso il caso di una donna che ha collezionato 134 capi d’accusa per frode elettorale, spacciandosi per legale rappresentante di innumerevoli e ignari elettori.

Trump e il suo staff legale sono convinti che le segnalazioni di denuncia continueranno a moltiplicarsi nei prossimi giorni e il Grand Old Party afferma di avere già individuato tremila casi di voti fraudolenti solo nello stato del Nevada, mentre non mancano delatori che hanno già dichiarato di aver ricevuto l’ordine esplicito di inserire illegalmente timbri e dati sulle schede di voto pervenute in ritardo.

Di certo, la questione rischia di diventare incandescente, anche perché aumentano le segnalazioni di rappresentanti elettorali repubblicani ai quali i democratici hanno negato l’accesso al seggio per controllare le operazioni di voto, dopo aver anche coperto le finestre con fogli di giornale per evitare sguardi indiscreti.

La battaglia continua

Per quanto molti siano scettici sulle possibilità di Trump di ribaltare il risultato elettorale, la battaglia continua ed è sceso in campo anche il responsabile del dipartimento di giustizia William Barr che ha autorizzato gli ispettori a indagare a livello federale su qualsiasi “accusa rilevante di frode elettorale…che, se riscontrate realmente, potrebbero potenzialmente impattare sul risultato elettorale di un singolo stato“.

In effetti, l’indagine lambisce anche il partito democratico dato che in Texas il responsabile della campagna di Biden è sotto indagine dell’FBI proprio per aver raccolto voti in modo illegale, mentre i sostenitori di Trump attaccano nuovamente la speaker della camera Nancy Pelosi che si era lanciata già a fine ottobre in un’affermazione discutibile: “Biden sarà presidente qualsiasi sia il risultato finale“. Per poi rincarare la dose invitando Trump a comportarsi da uomo e accettare la sconfitta senza tante storie, ancora prima dell’election day del 3 novembre.

Le conseguenze della disputa

Non sappiamo ancora se le elezioni Usa avranno sviluppi imprevisti, ma le schede postali riservano non poche sorprese. In ogni caso, è possibile che i democratici conquistino la Casa bianca dovendo fare i conti con una nazione molto polarizzata: Joe Biden ha ottenuto mediamente il 55% del voto femminile e il 47% di quello maschile, a differenza di Trump che sfonda tra la working class bianca con 64% dei consensi, con un risultato trasversale non trascurabile, considerando che 32% degli ispanici, 12% degli afroamericani, 35% dei musulmani statunitensi e il 40% delle donne laureate lo preferiscono allo sfidante.

In ogni caso, Biden rischia di subentrare come anatra zoppa, se il Senato restasse a maggioranza repubblicana e i dubbi sulle irregolarità continueranno a pesare, riducendo la speranza del presidente democratico di unire tutta la nazione, la cui credibilità istituzionale vacilla al punto che, secondo Rudolph Giuliani, restano da esaminare con molta attenzione almeno seicentomila schede dubbie, prima di accettare il responso delle urne.

La procedura di insediamento del nuovo presidente

La procedura legale d’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti è comunque molto precisa e regolata dalla Costituzione: Donald Trump ha tempo fino all’8 dicembre per concludere i ricorsi e, entro quella data, potrebbe esserci anche il pronunciamento definitivo della corte Suprema se tutto si svolgerà secondo copione.

A meno di un ribaltamento a favore del presidente uscente, la vittoria andrà a Joe Biden e, in ogni caso, a metà dicembre i grandi elettori dei singoli stati dell’Unione dovranno ratificare il vincitore che presterà giuramento il 20 gennaio, entrando nella pienezza dei poteri. L’unica cosa certa, al momento, è che Donald Trump conserva tutte le sue prerogative fino al prossimo gennaio.

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