Il maestro Camilleri e Nanà

Anche il maestro Camilleri, come Leonardo Sciascia e ogni essere umano, conoscerà il successo e l'affetto degli "altri" dalla tomba.

Nel 1999, in occasione del decimo anniversario dalla morte di Leonardo Sciascia, Andrea Camilleri scrisse un articolo per “La Stampa” in cui raccontava il punto di vista e la prospettiva attraverso i quali ha sempre osservato l’immenso scrittore agrigentino come lui, più giovane di 4 anni. Il padre del Commissario Montalbano cominciò l’articolo dicendo di non essere tra coloro che lo chiamavano Nanà. Non lo chiamava Nanà perchè prima di tutto forse non erano così amici e poi anche perché nella cerchia degli amici di Sciascia, ce ne erano molti che invece lo chiamavano proprio Nanà, senza però averne né il diritto e tantomeno il motivo. Un perimetro che lui non si sentiva cucito addosso e di cui assolutamente non voleva far parte. Di sicuro, il maestro Camilleri sapeva bene, che proprio come Sciascia, non sarebbe scampato a diventare anche lui Nanà dopo la morte.Una maledizione che tocca a tutti.

La gloria post-mortem

La maledizione del successo e della gloria postuma è toccata ad Elvis, che in soli due anni dopo la morte riuscì a vendere lo stesso numero di dischi venduti in vita. A Franz Kafka, che morì di tubercolosi nel 1924 e che scrisse solo nel 1923 le sue opere più famose, non potendole dunque vedere distribuite nel mondo. Ad Emily Dickinson, sensazionale poetessa autrice di sole 10 poesie in vita e di addirittura 1.800 (!) da morta. La maledizione è toccata anche ad Herman Melville, grande scrittore americano il cui capolavoro fu scoperto solamente grazie ad una biografia, anche questa post-mortem, di un suo amico insegnante. L’opera era Moby Dick, uno delle punte di diamante della letteratura mondiale.

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Esattamente così, anche Camilleri sta assaporando il gusto insipido della gloria post-mortem. Se infatti la porta del successo commerciale l’aveva già aperta e varcata nel 1999, grazie alla trasposizione del Commissario Montalbano in tv, 20 anni dopo, nel 2019, il successo raddoppia grazie alla famosa maledizione. Subito dopo la sua morte, giornali, televisioni e social si travestono da critici letterari e ricordano a tutti delle sue prime imperdibili ed indimenticabili opere, dei suoi sceneggiati teatrali e delle sue regie, nonostante da giovane fosse stato un comune regista in aspettativa proprio alla RAI, che non gli fece mai un contratto.

Eccolo dunque qua, l’elefante che ogni uomo mai nato e che mai nascerà deve caricarsi sulle spalle alla fine della strada: l’affetto fasullo, bugiardo ed artificioso degli altri, che ti strumentalizzano la vita nonostante questa sia già finita e non ci sia più.

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Riccardo Chiossi


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