La delusione di un sostenitore

Marco Travaglio sembra deluso dalla mossa del Movimento Cinque Stelle di far votare gli iscritti a Rousseau sul processo ai danni di Salvini.

Il caso Diciotti sta per giungere finalmente ad una svolta, la situazione è pericolosa e difficile ma la decisione del Movimento Cinque Stelle di affidare le sorti del vicepremier Salvini al popolo pentastellato è estremamente eloquente e significativa.

La decisione che lascia interdetti

Alla piattaforma web Rousseau è stata affidata l’ultima decisione. Gli iscritti Cinque Stelle decideranno, tramite un metodo democratico e alquanto sconsiderato, se il ministro dell’interno Matteo Salvini dovrà essere processato o meno. Forse fin troppo democratico, sembra infatti quantomeno irresponsabile porre le sorti dell’alleanza di governo nelle mani dei propri sostenitori dal momento che non tutti saranno informati debitamente sulla questione giuridica delle azioni di Salvini e che quindi non avranno le competenze opportune per giudicare.

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Per quanto ad un occhio non attento il voto della “Base” possa apparire una soluzione adeguata per far esprimere il popolo, è allo stesso modo un tentativo di lavarsene le mani per salvarsi le spalle ed uscirne puliti, alla Ponzio Pilato. Come se non bastasse i ministri Di Maio e Toninelli si sono autodenunciati per la vicenda Diciotti, dimostrando a che punto si possa arrivare per restare attaccati alle poltrone. Il loro rigido codice etico infatti voleva che qualunque figura politica si fosse venuta a trovare denunciata o accusata di qualche reato avrebbe dovuto seduta stante lasciare la carica che rivestiva.

Lo stesso Di Maio ci teneva ad esprimere sui suoi social questo concetto quando l’accusato era Alfano, in quel caso l’attuale Vicepresidente del Consiglio esigeva che si dimettesse in due minuti per l’accusa di abuso di ufficio, ora invece non solo i principali esponenti del M5S tentennano di fronte al processo per Salvini (accusato di reato molto più gravi che potrebbero portare ad un massimo di 15 anni di carcere), ma addirittura preferiscono coprirsi di fango immotivato, in quanto le scelte sulla Diciotti non derivavano da loro, e rischiare di essere indagati a loro volta piuttosto che affrontare le conseguenze delle azioni illegali del proprio alleato di governo.

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Conte Di Maio e Salvini
Fotocredit: Giornalettismo

Travaglio lascia

Fino a un anno fa, di fronte a un qualsiasi ministro indagato per sequestro di persona aggravato, il M5S non si sarebbe neppure posto il problema, perché avrebbe chiesto le immediate dimissioni dell’interessato. Ora nessuno si sogna di chiedere a Salvini di sloggiare: nemmeno le opposizioni, figurarsi gli alleati” queste le parole di Marco Travaglio, direttore de Il Fatto Quotidiano che non ha mai fatto segreto delle sue simpatie nei confronti del partito del cambiamento, con le quali ha denunciato l’uso dei due pesi per due misure da parte del movimento cinque stelle.

Così si è espresso sull’incoerenza pentastellata: “Chi ha sempre predicato che i politici devono difendersi nei processi e non dai processi perché nessuno può essere sottratto alla legge e dunque alla magistratura, non può avere dubbi sull’autorizzazione a procedere per Salvini. Soprattutto dopo che i ministri Di Maio e Toninelli si sono di fatto autodenunciati, con una memoria a sostegno della sua condotta, da inviare ai magistrati perché decidano se indagare anche su di loro: se uno si autodenuncia, poi non può impedire ai giudici di pronunciarsi. Sarebbe un altro controsenso“.

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Parole dure di un simpatizzante che ha ormai visto crollare ogni principio etico che ergeva il partito cinque stelle a paladino del popolo contro i potenti della casta. Il suo punto di vista riguardo al ricorso al parere degli iscritti su Rousseau per decidere sul processo non perdona: “Se i vertici 5 stelle interpellano gli iscritti, significa che non sanno che pesci pigliare, o preferiscono che a pigliarli al posto loro sia la “base”. E questo è già preoccupante, per un Movimento nato per contestare i privilegi della casta e per affermare la legge uguale per tutti. Un caso tipico di crisi di identità“.

Travaglio continua poi nel tentativo ultimo di indicare la strada a coloro che sono ancora indecisi se intraprendere il percorso facile e restare sul carro dei vincitori o se mantenere intatti i propri principi non adattandoli e trasformandoli in base alle situazioni:”Qualunque persona perbene di qualsiasi orientamento, e a maggior ragione un militante M5S, deve dire Sì al processo a Salvini: sia che lo ritenga un bieco sequestratore, sia che lo giudichi un benemerito difensore dei patrii confini. Affinché a giudicarlo sia un tribunale e non la sua maggioranza parlamentare“.

Marco Travaglio
Fotocredit: The Huffington Post

Orientati verso l’annullamento

Il movimento ha fatto ricorso ad alcuni escamotages per indirizzare il voto a favore dell’alleato di governo rendendo il tutto più confuso; infatti il NO in realtà sta per il “Sì procediamo” mentre con il viene interrotto il processo; è stato inoltre aggiunto un video di spiegazione di Mario Michele Giarrusso che sembra molto orientato verso l’annullamento del processo. Tra le altre cose non si può nemmeno avere la sicurezza assoluta sulla veridicità risultati della votazione in quanto Rousseau è da sempre considerato molto vulnerabile ad attacchi di pirateria informatica, basti ricordare che solo un anno fa furono resi pubblici i numeri di cellulare di Di Maio, Toninelli e Buonafede.

Mario Michele Giarrusso
Fotocredit: The Huffington Post