La storia della piccola Alba e del suo papà Luca Trapanese

Un'intervista, all'insegna dell'amore che ci rende tutti uguali

Single, cattolico, gay, e chi più ne ha, più ne metta. Etichette comuni, ma l’unica etichetta, se così si può chiamare, è quella di “padre”.

Luca Trapanese, la sua storia e della sua piccola Alba. Oggi è papà di una bambina con sindrome di down, che ha adottato, dopo l’abbandono, da parte della sua madre biologica. In questa intervista, racconta la sua verità, sfidando i pregiudizi, purtroppo ancora esistenti, intorno a noi.

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Io, da Donna, da Figlia, ma anche da Professionista, penso che la conoscenza di questa storia, possa essere da insegnamento a molti, perché per essere genitori, non basta solo mettere al mondo il proprio figlio, ma sono necessari, altri requisiti e presupposti. Serve l’amore, la consapevolezza, la responsabilità e tante altre cose, di cui il Signor Luca Trapanese, rende molto l’idea, attraverso questa intervista.

Partendo proprio dall’inizio, quanta importanza ha per Lei, prendersi cura degli altri?

L’importanza di prendersi cura degli altri, per me è fondamentale. Credo la mia, sia una propensione ed una vocazione. Personalmente, ho iniziato a 14 anni, questo continuo prendermi cura dell’altro, con il mio migliore amico, ammalatosi di melanoma. Un’esperienza molto forte e dolorosa, proprio perché il mio è stato un accompagnarlo fino alla fine. Così, mi sono reso conto che, ero portato a prendermi cura degli altri, e ne ho fatto un’esperienza di vita.

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La Legge Italiana, concede la possibilità ai single, di adottare un bambino, solo in alcuni casi particolari, quelli previsti dall’articolo 44 della Legge 184 del 1983: uno di questi, è la disabilità. Come mai, Lei ha intrapreso questa scelta? Pensa che questa Legge discrimini le coppie di fatto o le persone single?

La Legge in questione, è una legge che tutela il minore “sempre”. Non è una Legge discriminatoria, ma una legge che vede la sue radici, nel passato. Nel 1983, esisteva una sola forma di famiglia e le persone con disabilità, non avevano, a quei tempi, molti diritti. Un bambino con la sindrome di down, negli anni ’80, non poteva andare a scuola, non poteva avere una vita cosiddetta normale, e spesso erano rinchiusi negli istituti. Quelli che noi oggi chiamiamo “bambini affetti da sindrome di down o da trisomia 21” erano denominati “i mongoloidi” ed era una vergogna.

Una Legge che pensa all’adozione di questi bambini, anche da parte di un single, era considerata una legge all’avanguardia, soprattutto in quei tempi. Nel mondo attuale, potrebbe sembrare una legge discriminatoria, in quanto oggi i single, possono usufruire di questa legge, solo attraverso l’articolo 44 delle adozioni speciali, per una serie di casi particolari, come l’adozione di un bambino disabile. Credo sia una Legge da rimodernare, in quanto la struttura della famiglia è cambiata, e tante sono le persone single disposte ad adottare e non tutte le famiglie, sono pronte ad adottare un bambino disabile oggigiorno.

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Nell’anno 2017, si iscrive al Registro affidi del Tribunale di Napoli. Come mai questa scelta?

Nel 2017, mi iscrivo al Registro degli affidi del Tribunale di Napoli, proprio perché sentivo forte il desiderio di paternità. Inoltre, in me, era cresciuta la consapevolezza di poter essere padre, anche di un bambino disabile, non come gesto eroico o come gesto altruistico, ma perché sono cresciuto nella disabilità, non mi ha mai spaventato, non è una sconfitta, ma un modo diverso di vivere la vita. Ho voluto esprimere la paternità, attraverso l’iscrizione al Registro degli affidi del Tribunale di Napoli, dove afferiscono una serie di minori con gravi patologie, problematiche e disabilità, più o meno gravi, che il Tribunale non riesce a collocare nelle coppie che hanno l’idoneità all’adozione. Io ho effettuato una richiesta libera, non ponendo alcun limite al Tribunale, ma solamente aspettando.

Come è giunto all’adozione della piccola Alba?

Il Tribunale, dopo 6 mesi, mi ha contattato, dicendomi che, c’era una bambina neonata abbandonata, lasciata in ospedale dalla madre, che non riusciva ad essere collocata, proprio perché affetta da sindrome di down. Ho accettato subito di avere Alba, che è arrivata a casa, a 30 giorni dalla sua nascita. Abbiamo iniziato con un affido estivo. Questa fase di primo affido, ha avuto un buon esito, per cui a settembre abbiamo iniziato un affido preadottivo e dopo 9 mesi di incontri con Psicologi, Assistenti Sociali, Giudici, mi è stata convalidata l’adozione in casi particolari.

Durante l’intero iter per l’affido della piccola Alba, le è stato mai chiesto di specificare le sue preferenze sessuali?

No. Nessuno, tra psicologi, servizi sociale e giudici, che ci hanno accompagnato in questo percorso, mi ha mai chiesto questa cosa. Si sono esclusivamente basati sul mio desiderio di paternità, sulla mia rete familiare, sulla mia capacità economica, sulla consapevolezza di avere in adozione una bambina affetta da sindrome di down. Hanno valutato la mia persona, sotto questo punto di vista, senza andare oltre.

Cosa si sente di rispondere a chi sostiene che un minore ha bisogno di un padre e di una madre per crescere?

Io mi sento di dire, che oggi esiste la figura del “genitore”. Il minore ha bisogno di sicurezza, di amore, di solidità e di essere guidato nella sua crescita. Sono convinto, dell’importanza di una figura materna e di una figura paterna, ma se si è consapevoli che essere genitori, significhi avere una grande responsabilità, anche i single possono possedere questi requisiti. Non bisogna sposarsi e fare figli, perché questo è considerato “famiglia”, quasi come un’imposizione. Essere genitori, significa dedicarsi ai propri figli, contribuendo alla loro felicità, e non al necessario bisogno di farli sentire primi, seguire le loro vocazioni e possibilità. Tutte dinamiche, che rendono un figlio, felice. Io credo che Alba sia una bambina felice, perché io riesco a compensare l’eventuale assenza della madre, attraverso il mio affetto, la mia solidità, la fiducia che ho in lei, ed a farla sentire amata e sicura nella nostra casa. Credo che io e Alba, siamo a tutti gli effetti una famiglia. Alba ha ben chiaro cos’è un nucleo familiare e quali sono le persone che ruotano intorno a noi, per aiutarci, come oggi avviene in tutte le famiglie.

Arianna Ilardi
Arianna Ilardi
"Porto i segni di una guerra che alla fine ho vinto io".