Plauto, il genio della commedia prima di Shakespeare e Moliere

Plauto: la vita, le opere e l'importanza del'autore nel teatro moderno e contemporaneo. Un antesignano di Shakespeare e Moliere.

Attori comici danzanti
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Attore ed autore formatosi con la cultura del teatro popolare, Tito Maccio Plauto iniziò, in seguito, a specializzarsi su un unico genere comico, la palliata, rinnegando, dunque, la polivalenza proposta da Livio Andronico (primo, vero esponente della letteratura latina) e condivisa da Nevio ed Ennio. Come Plauto, anche altri suoi colleghi successivi agiranno allo stesso modo: Cecilio Stazio e Terenzio in ambito comico, Accio e Pacuvio in quello tragico. Plauto nacque tra il 255 e il 250 A.C. Il suo nomen, Maccio (da Maccus) potrebbe avere origine da un’antica maschera teatrale, da cui avrebbe avuto origine Pulcinella. Sua città d’origine fu Sarsina, un piccolo villaggio sito in Emilia-Romagna, entrato nel dominio romano, nei pressi di Forlì. All’epoca era situato in territorio umbro, tuttavia.

Lo stesso Plauto si divertì ad associare la propria origine umbra con umbra (in latino, ombra) in una delle sue commedie più celebri, la Mostellaria (la commedia del fantasma). Il periodo di nascita riusciamo a conoscerlo grazie al prezioso contributo di Cicerone, che nel Cato Maior definisce Plauto senex, quando compose un’altra sua famosa opera teatrale, lo Pseudolus. Precisiamo col dire che nella società romana la senectus iniziava intorno ai 60 anni. Lo Pseudolus venne rappresentato, per la prima volta, nel 191. Proprio per questo, la data di nascita del commediografo deve essere collegata intorno al III secolo.

Plauto, le notizie biografiche

Purtroppo, le notizie riguardanti Plauto sono scarse e poco attendibili. Sembra che, in un primo momento, il futuro autore di commedie facesse parte di una compagnia di commedianti. Oltre al nome, anche il cognome potrebbe essere un indizio del suo collegamento all’attività della commedia. Plautus, come fanno notare Pontiggia e Grandi nella loro Letteratura latina, potrebbe essere una latinizzazione del termine Plotus, ovvero: “L’uomo dai piedi piatti”, una sorta di macchietta comica. Plautus potrebbe tuttavia indicare, seppur vagamente, una razza di cani particolare, caratterizzata da orecchie morbide e pendenti, ovvero, i plauti. Questa ipotesi, in effetti, troverebbe conferma in un verso scritto dallo stesso commediografo, parlando di “Plautus cum latranti nome” ovvero “Plauto dal nome latrante“.

Dedicatosi al commercio, sarebbe poi andato in rovina, forse anche a causa dell’invasione di Annibale in Italia. Persi tutti gli averi, per sopravvivere, Plauto sarebbe stato costretto a girare la macina di un mulino. Avrebbe poi scritto tre commedie che ebbero un grande successo. Da qui iniziò una nuova vita per Plauto, in qualità di autore comico. La sua attività si svolse a Roma fra il 215 e il 184 A.C., anno in cui sarebbe morto. In realtà, il periodo di vita in cui Plauto avrebbe lavorato come schiavo sarebbe in realtà un aneddoto falso, derivato dall’importanza di un personaggio che l’autore pone continuamente nelle sue commedie: il servus currens. Possiamo dire con una certa sicurezza, che Plauto fosse un uomo libero: né schiavo, né liberto. Tuttavia, sembra che non ebbe mai la cittadinanza romana.

Le commedie

Dotato di un’incommensurabile vena inventiva, Plauto scrisse diverse palliate, ancora oggi rappresentate per la loro alta vena comica, l’ingegno e i personaggi unici caratterizzanti le opere dell’autore. Il successo di Plauto contribuì ad inquinare il suo canone originale, facendo sì che altre compagnie teatrali, approfittando del successo di Plauto, presentassero commedie proprie sotto il nome (falso) dell’autore di Sarsina, che in realtà non aveva mai scritto. Già dal II secolo A.C. tanto Accio, quanto Elio Stilone, cercarono di fare un po’ di ordine nel canone plautino, separando le commedie spurie da quelle realmente scritte da lui.

In realtà, colui che fece un vero e proprio lavoro di depurazione del corpus plautino fu Varrone che analizzò ben 130 commedie attribuite a Plauto, dividendole in 3 gruppi, prendendo come punto di riferimento lo stile: 21 furono reputate effettivamente appartenenti a Plauto, 19 neutre (nel senso di difficile attribuzione) e 90 non scritte dal commediografo. L’operazione di Varrone, forse discutibile, costituì un importante punto di riferimento per gli studiosi futuri riguardo i soggetti, le storie e l’operato di Plauto. Le commedie plautine finora giunteci sono identificabili con quelle varroniane, trasmesse alfabeticamente e, complessivamente integre, con l’eccezione della Vidularia, di cui purtroppo ci è arrivato poco o niente. Sono andate, invece, perdute le parti finali dell’Amphitruo e dell’Aulularia, la parte iniziale delle Bacchides e quella centrale della Cistellaria.

Non è facile creare un preciso ordine cronologico di rappresentazione delle varie commedie plautine. Ad ogni modo, sono pervenuti degli anni, più o meno precisi, della rappresentazione di alcune opere teatrali: Stichus (200 A.C.), Pseudolus (191 A.C.), Bacchides (nel periodo post-190 A.C.), Truculentus (non si conosce l’anno esatto, ma venne rappresentato quando Plauto era già un uomo anziano), Casina (nel periodo post-186 A.C.). Della Casina abbiamo l’indizio del periodo di rappresentazione grazie ad un verso, il 980, che sembrerebbe alludere alla soppressione dei baccanali disposta dal senato romano proprio in quell’anno. Tutte le commedie sono precedute da un prologo, detto argumentum, che riassume la trama della commedia, seppur in maniera superficiale.

Due commedie, lo Stichus e lo Pseudolus, ci sono arrivate con un insieme di preziose informazioni: una didascalia in cui si parla della prima rappresentazione, l’esecuzione e l’esito di tali opere. La divisione in atti è un’aggiunta postuma, di età umanistica. In realtà Plauto non ne fece mai uso. La divisione in atti la troviamo, per la prima volta, nel 1550, all’interno di un’edizione milanese dell’umanista, poeta e filologo Giovan Battista Pio, risalente all’anno 1500. Questo metodo venne istituzionalizzato 22 anni dopo nell’edizione a cura di Nicolò Angelio. Alla fine, la divisione in atti sarà propria della maggior parte delle rappresentazioni del teatro moderno e contemporaneo.

Le fabulae palliate, ovvero, le commedia di Plauto, hanno tutte ambientazione greca e seguono i modelli della commedia nea di età ellenistica. Le commedie plautine prevedono un prologo, un’azione ed un epilogo. Delle 20 commedie dell’autore di Sarsina di cui ci è pervenuto l’esordio, 15 di esse hanno anche un prologo, spesso recitato da un attore di giovane età, il quale era solito presentarsi al pubblico con un abbigliamento d’eccezione. In 3 casi, il prologo è recitato da un attore interpretante un personaggio dell’opera; in 4 casi da personaggi rappresentanti un concetto astratto e/o allegorico. Il prologo può anche essere ritardato, come accade nella Cistellaria, in cui viene recitato nella scena 3.

Nelle 5 commedie prive di prologo, l’antefatto viene espresso dagli stessi personaggi tramite un monologo o un dialogo, nella scena 1, oppure successivamente. Come precisano Pontiggia e Grandi, non tutti i prologhi sono di creazione Plautina, alcuni di essi sono frutto di rimaneggiamento posteriore. Il prologo della commedia nea era un elemento molto utile, in quanto esponeva gli antefatti delle azioni che si sarebbero viste nel corso della rappresentazione, ma anche per chiedere la benevolenza da parte del pubblico. Tuttavia, Plauto utilizza questo prologo anche per rompere simpaticamente la quarta parete e far interagire i personaggi con il pubblico. Se notiamo, ancora oggi in alcuni fumetti, questo metodo plautino è utilizzato in maniera divertente e carnevalesca. Si prenda, ad esempio, il personaggio Marvel Deadpool. Il mercenario chiacchierone sa bene di non essere reale e a volte sbrotta con il suo disegnatore quando non gli va bene qualcosa, non facendosi scrupoli, spesso, a rivolgersi direttamente allo stesso lettore!

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Sono nato a Capua (Caserta) il 4 agosto 1988. Da sempre amante, della letteratura, giornalismo, mistero, musica e cultura pop (anime, manga, serie tv, cinema e videogames). Ho mosso i primi passi su testate locali come Il Giornale del Golfo e la Voce di Fondi, per poi passare a testate più mainstream come Blasting News, Kontrokultura e Scuolainforma. Regolarmente iscritto presso l'ODG Campania come pubblicista, sono laureato in Filologia classica e moderna. Attualmente insegno come docente di materie umanistiche tra liceo classico e scientifico. Ah, dimenticavo: la cronaca nera è il mio pane quotidiano!