Zygmunt Bauman e le più belle citazioni da leggere

Oggi ricordiamo un grande filosofo e sociologo: Zygmunt Bauman. In questi giorni sui social è diventata virale un proverbio ricordato in uno suo ultimo intervento

Zygmunt Bauman è uno dei più importanti sociologi e filosofi contemporanei, a cavallo dei due millenni, la fine e l’inizio dei Duemila. È nato a Poznan (Polonia) il 19 novembre 1925 ed è morto a Leeds il 9 gennaio 2017.

Possiamo definire quattro epoche e momenti storici importanti della sua vita. Il primo, l’occupazione tedesca della Polonia e la fuga insieme alla sua famiglia ebraica dai nazisti. Ha militato per l’unità militare sovietica collaborando alle operazioni belliche. Si è sempre dichiarato marxista e leninista ma ha anche manifestato posizioni critiche nei confronti delle forze sovietiche e comuniste. L’epoca della Guerra Fredda possiamo definirlo il secondo arco temporale importante per la sua formazione intellettuale.

- Advertisement -

Come terzo momento, inseriamo il processo di destalinizzazione fino all’abbattimento del Muro di Berlino. Sono anni in cui approfondiva i temi della stratificazione sociale, studiava il movimento dei lavoratori e il laburismo. Denunciò il ritorno dell’antisemitismo in Polonia e nell’est europeo, si batté contro il negazionismo o lo sminuire i fatti della Shoah.

Zygmunt Bauman e il nuovo ventennio

Con la sua età avanzata, possiamo dire che ha vissuto quasi tutto il primo ventennio degli anni duemila che consideriamo il quarto arco temporale importante della sua vita. Del nuovo millennio ha analizzato la società sempre più indefinita, “liquida”, dipendente dal progresso tecnologico e informatico.

- Advertisement -

Dal dopoguerra, Zygmunt Bauman incominciò a studiare sociologia presso l’Università di Varsavia, professione che continuò nelle altre città dove si trasferì, da Israele (Tel Aviv) fino a Leeds dal 1971.

In questi giorni Zygmunt Bauman, su Facebook soprattutto, viene ricordato per un proverbio cinese usato nell’incontro “Società e paure” nel contesto del Festival delle Generazioni. Se pensi all’anno prossimo semina il granturco. Se pensi ai prossimi 10 anni pianta un albero. Se pensi ai prossimi 100 anni istruisci le persone.

La vita è un’opera d’arte che ci piaccia o no

  • La nostra vita è un’opera d’arte – che lo sappiamo o no, che ci piaccia o no. Per viverla come esige l’arte della vita dobbiamo – come ogni artista, quale che sia la sua arte – porci delle sfide difficili (almeno nel momento in cui ce le poniamo) da contrastare a distanza ravvicinata; dobbiamo scegliere obiettivi che siano (almeno nel momento in cui li scegliamo) ben oltre la nostra portata, e standard di eccellenza irritanti per il loro modo ostinato di stare (almeno per quanto si è visto fino allora) ben al di là di ciò che abbiamo saputo fare o che avremmo la capacità di fare.
  • L’incertezza è l’habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa sia il motore delle attività umane. Sfuggire all’incertezza è un ingrediente fondamentale, o almeno il tacito presupposto, di qualsiasi immagine composita della felicità. È per questo che una felicità «autentica, adeguata e totale» sembra rimanere costantemente a una certa distanza da noi: come un orizzonte che, come tutti gli orizzonti, si allontana ogni volta che cerchiamo di avvicinarci a esso.

Tratti da: L’arte della vita. Roma-Bari, Laterza, 2009

Sul disaccordo, lo scontro tra diverse opinioni, dell’ingiusto

Penso che la cosa più eccitante, creativa e fiduciosa nell’azione umana sia precisamente il disaccordo, lo scontro tra diverse opinioni, tra diverse visioni del giusto, dell’ingiusto e così via. Nell’idea dell’armonia e del consenso universale, c’è un odore davvero spiacevole di tendenze totalitarie, rendere tutti uniformi, rendere tutti uguali. Alla fine questa è un’idea mortale, perché se davvero ci fosse armonia e consenso, che bisogni ci sarebbe di tante persone sulla terra? Ne basterebbe una: lui o lei avrebbe tutta la saggezza, tutto ciò che è necessario, il bello, il buono, il saggio, la verità. Penso che si debba essere sia realisti che morali. Probabilmente dobbiamo riconsiderare come incurabile la diversità del mondo di essere umani.

Tratto dall’intervista di Luciano Minerva, RaiNews24, 2003.

Fonte: Wikipedia

spot_img
Iole Di Cristofalo
Iole Di Cristofalo
Articolista e web copywriter