S’apre la crisi di governo in quest’Italia caratterizzata da una campagna elettorale perenne, dove i governi raramente durano l’intera legislatura e tutti promettono soluzioni e svolte epocali, compresi i partiti che, al di là della baruffe interne ed esterne, hanno offerto ben poco ai cittadini. Questa crisi è stata aperta da Matteo Salvini, per non lasciare il Paese nel caos e assicurare una guida forte, del fare e del buon senso, ha dichiarato. Sui social, nonostante il periodo di ferie, si scatenano i commenti pro e contro ma la fine della “strana coppia” era prevedibile già il giorno dopo le elezioni politiche del 4 marzo.
Grande voglia di lavorare, entusiasmo tra i 5 Stelle e la Lega, al principio, con la soluzione del “Programma di governo”, ma questi due hanno ben poco in comune come visione della società e anche il più sprovveduto della politica non poteva credere in questo matrimonio. La crisi era nell’aria da tempo ed ha subito un’accelerazione con la faccenda della TAV e del Decreto Sicurezza Bis; Salvini ha introdotto nell’affaire anche un elemento personale, con quel denunciare pubblicamente (al limite della sopportazione) che gli insulti quotidiani, anche da parte di chi siede negli scranni accanto e condivide la responsabilità di guidare un Paese, non potevano più essere accettati.
Il sogno dei leghisti: governare da soli
Gli attivisti e simpatizzanti della Lega sperano di andare al voto: l’auspicio del Capo del Carroccio è quello di formare un governo senza alleati e con un’ampia maggioranza. Si potrà mettere mano, finalmente, a tante cose, senza la continua trattativa con l’alleato di turno, compreso Berlusconi o la Meloni. È poi un’opportunità per molti, visto il consenso di Salvini, che possono immaginarsi a Roma con un bel salto di carriera. Per i leghisti, il punto interrogativo è rappresentato da Mattarella del quale non si fidano assolutamente e la previsione è che metterà il bastone tra le ruote ad impedire il coronamento d’un sogno.
La soluzione per poter aumentare l’IVA
Mettendo da parte retorica e clima da derby Roma/Lazio, da gennaio dovrebbe scattare l’aumento dell’IVA, se non si troveranno misure alternative. Il gettito porterà alle esangui casse dello Stato circa 23 miliardi. Se si va a votare, la giustificazione è pronta per incassare questo assegno senza far “arrabbiare” i sostenitori di entrambi i partiti di maggioranza: i tempi tecnici che non hanno consentito soluzioni diverse e, dopo i proclami di flat tax e similari, si metterà la mano nel portafoglio dei contribuenti. Infatti, se un nuovo governo si formasse tra ottobre e novembre, avrebbe solo poche settimane per evitare che l’aliquota Iva ordinaria salga dal 22 al 25,2% e quella agevolata al 10% passi al 13%.
La trattativa con Bruxelles
L’altra spada di Damocle è Bruxelles ma, anche in questo caso, un nuovo esecutivo potrebbe godere di un tempo maggiore per presentare la bozza del bilancio. La scadenza è fissata alla metà di ottobre, mentre il disegno di legge vero e proprio va presentato alle Camere entro il 20 ottobre. Quindi, andare al voto conviene a tutti: a Salvini, che può sfruttare il momento di massimo consenso, ai 5 Stelle, che trovano una via d’uscita per non perdere la faccia con i propri elettori, e a chi si assumerà l’onere di governare, che potrà aumentare l’IVA, ampliando il raggio di manovra, e avere più tempo per trattare con l’Europa. Se si tornerà alle urne, la speranza è che Salvini metta mano al problema più grave, il debito pubblico che può essere sanato solo con una spending review seria, senza trattative non verso i cittadini e i servizi, ma nei confronti dello Stato stesso, della sua organizzazione e struttura: i veri responsabili della voragine che si è creata.
Massimo Carpegna