Il dossier della banda larga 5G coinvolge i colossi cinesi Huawei e Zte e riaccende la tensione tra Lega e Movimento 5Stelle.
La Lega frena e il 5 Stelle non condivide lo stop al 5G di Huawei.
Lorenzo Vita ha scritto su “Gli occhi della guerra”, inserto di approfondimento del Giornale, che Matteo Salvini teme i risvolti dell’incontro del 22 marzo a Roma con il presidente cinese Xi Jinping. Il leader della Lega non esclude che il protocollo d’intesa tra Italia e Cina non si limiti a definire investimenti infrastrutturali e commercio, ma favorisca la predominanza cinese sulla banda larga 5G in Italia attraverso il suo colosso Huawei.
Il Movimento 5Stelle sembra però deciso a sostenere la posizione del sottosegretario allo sviluppo economico Michele Geraci che considera l’operazione molto vantaggiosa. Secondo Geraci, l’accordo aiuterà le aziende italiane a espandersi sul mercato cinese e il protocollo non avrà vincoli politici e geostrategici pericolosi. Ma l’amministrazione Trump è di parere opposto, preme sul governo italiano, spera che faccia marcia indietro e non ceda il 5G a Huawei.
Gli Stati Uniti contrari a Huawei, pressioni diplomatiche e dubbi sui contenuti dell’accordo
Matteo Salvini, pur stimando le competenze di Michele Geraci, non può ignorare che le trasferte negli Stati Uniti del sottosegretario Giancarlo Giorgetti hanno cementato la collaborazione tra le due sponde dell’Atlantico. In un momento in cui il governo giallo-verde si scontra spesso con l’Europa a trazione franco-tedesca, non si può compromettere l’alleanza con il presidente Donald Trump.
Nonostante il 5Stelle prema per stringere l’accordo economico, la Lega vuole prima conoscerne i contenuti. L’obiettivo di Salvini è favorire la soluzione più equilibrata, evitando di ritrovarsi sotto il controllo cinese nel settore strategico delle telecomunicazioni.
L’Unione europea scettica su Huawei e critica verso l’iniziativa italiana
Il Sole 24 Ore conferma che i colossi cinesi hanno iniziato la ricerca sul 5G in Italia nel 2009 e finora hanno investito 600 milioni di dollari nel settore.
La tensione tra Washington e Pechino a livello di cyber spionaggio ha ripercussioni globali e l’Unione europea non può rompere i rapporti con gli Stati Uniti. Di conseguenza l’Europa critica l’iniziativa italiana mentre Berlino, Parigi e Londra avanzano dubbi sulle garanzie di sicurezza di Huawei.
Allo stesso tempo, i Paesi europei non vogliono lo scontro frontale con la Cina perché le aziende di comunicazione potrebbero avere problemi di rifornimenti. Le componenti dipendono infatti da una catena di fornitura a livello globale, di cui Pechino è un protagonista, e occorre evitare aumento dei costi o ritardi nello sviluppo del 5G.
Huawei e i condizionamenti del governo cinese
Milena Gabanelli e Andrea Marinelli condividono i rischi di affidabilità della rete 5G in mano a Huawei, perché investe la comunicazione mobile, connessione a droni, sensori, auto a guida autonoma e digitalizzazione delle infrastrutture.
Data l’importanza della posta in gioco, il vicepresidente di Huawei Abraham Liu, ha assicurato che l’azienda seguirà qualsiasi regola stabilita dai singoli governi e dall’Unione europea per la protezione dei dati, gestiti con la tecnologia 5G, ed esclude rischi di trasmissioni non autorizzate delle informazioni.
Tuttavia, le aziende private e pubbliche, Huawei compresa, devono accettare la presenza di un funzionario controllore del partito comunista al loro interno e seguire le direttive del governo centrale. Di conseguenza, non potrebbero rifiutarsi di mettere le nuove reti a disposizione di Pechino per eventuali azioni di spionaggio.
Le perplessità internazionali su Huawei
Gli Stati Uniti non sono gli unici a preoccuparsi. Australia e Nuova Zelanda hanno bloccato l’accesso alla tecnologia 5G cinese. Il Regno Unito ha trovato falle nel sistema e ha chiesto, per ora inutilmente, garanzie tecniche anti-spionaggio e anti-blocco. La Germania ha preteso assicurazioni da Huawei per autorizzarla a partecipare ai bandi di gara e teme che la società possa passare dati riservati al governo cinese. Inoltre, l’Unione europea ha votato una legge per passare al setaccio gli investimenti diretti stranieri che minaccino la sicurezza.
La potenziale debolezza italiana verso Huawei e la Cina
L’Italia, al contrario, ha accettato di aprire il settore alle aziende cinesi che offrono prezzi competitivi e posti di lavoro, in cambio di un futuro ricco di incognite, anche per colpa di una legislazione non adeguata.
Da qui nasce, come ricorda Maurizio Molinari sulla Stampa, la posizione delicata del nostro Paese come “frontiera della sfida tra Usa e Cina”.
L’Ungheria e la Grecia hanno rapporti stretti sul piano economico e commerciale con Pechino, ma l’iniziativa nella banda larga renderebbe l’Italia il primo Paese del G7 ad aprire la sua economia alla Cina. Washington teme che un numero crescente di Paesi occidentali si trasformino in tasselli al servizio della strategia globale cinese.
Il dossier Huawei: nuovo fronte delle divergenze Lega-5Stelle
I nostri servizi di sicurezza condividono queste preoccupazioni e la pressione diplomatica americana sul nostro governo alimenta la tensione tra Lega e 5Stelle. Non è quindi un caso se Matteo Salvini contrappone il pedale del freno all’acceleratore del movimento 5Stelle a poche settimane dal vertice di Roma.
A margine del suo intervento alla scuola di formazione politica della Lega a Milano, Salvini ha definito le telecomunicazioni d’interesse nazionale “perché mettere le informazioni di milioni di italiani in mano ad altri è cosa molto delicata e quindi bisogna pensarci cinque volte“.