Cosa significa essere spettatori attivi del razzismo

Cosa significa essere spettatori attivi del razzismo? Nella giornata di approvazione alla camera del DDL ZAN lo affrontiamo nel profondo.

Il DDL ZAN introduce la reclusione fino ad un anno e mezzo, più una multa da 6000 euro per chi propaganda idee omofobe, discriminatorie, di razzismo etnico, contro il sesso, l’identità di genere e la disabilità. L’istigazione e la violenza commessa portano ad una condanna ancora più dura, fino a quattro anni.

Razzismo, discriminazione e omofobia? Oggi non si parla solo di regole, reclusione e multe

La legge, non ancora arrivata al Senato, per la destra già questo primo passo è un atto contro la libertà di espressione mentre per la sinistra è un atto legislativo che introduce strumenti importanti. Ad esempio, spazi e servizi specifici per la violenza omotransfobica. A livello di associazioni già esistono, con la Legge Zan vengono istituiti all’interno di un progetto normativo e legale definitivo.

Anche la ricerca avrà un suo ruolo importante per la prevenzione delle discriminazioni di genere, l’Istat organizzerà delle indagini numeriche con cadenza triennale utili a comprendere l’evolversi di un tema che da molto è emergenza sociale. A tale proposito, tutti quanti almeno una volta nella vita assistono a fatti di razzismo e discriminazione. Lo sa l’Unione Europea, lo sa l’Unar che ha creato un numero verde semplice da ricordare (800 90 10 10).

Parliamo però di fatti gravissimi, dove è facile capire se dobbiamo alzare o meno il telefono per chiamare le forze dell’ordine o qualcuno per chiedere aiuto. Esiste poi la quotidianità delle piccole cose e Ruth Terry sul New York Time spiega con esempi e testimonianze che cosa significa essere spettatori passivi o attivi di razzismo in tantissimi contesti, anche amichevoli. Una differenza importante da conoscere e comprendere come anche per le persone di buona volontà tutto ciò comporti disagio e difficoltà, al di là di alcuni consigli e considerazioni che descriveremo.

Il razzismo e l’omofobia tutti i giorni anche quando non ce ne rendiamo conto

Ci siamo passati tutti“, spiega R.T., che elenca i luoghi e le situazioni dove possiamo sentire una barzelletta sugli immigrati, una battuta o una freddura su gay, donne, immigrati, disabilità. “Il disagio diventa palpabile… Dio, spero che qualcuno dica qualcosa, pensi con crescente disperazione. E così fanno tutti gli altri”.

Ruth Terry nell’introduzione spiega che questo è “essere parte di un gruppo di testimoni“, passivi, in cui nessuno decide di interrompere un evento problematico. E riporta l’affermazione di Thomas Vance, consulente di psicologia in un’importante scuola di ricerche sociali. “Ci piace pensare di vivere in un mondo in cui le persone entreranno in gioco“.

Nella realtà, non lo faranno nemmeno per aiutare una persona in difficoltà. È un meccanismo quasi automatico installato da una collettività dove non tutti sono inermi e a disagio, spesso non si vuole prendere la responsabilità di un’azione o anche una parola di contrasto.

Diventare spettatori attivi invece significa riuscire a interrompere e agire anche a piccoli episodi verbali quotidiani

Gli episodi di discriminazione, razzismo, ironie sottili, sono numerosi nella vita, spesso nella quotidianità. L’articolo suddivide le persone spettatrici dalle persone alleate, dagli alleati passivi a quelli attivi.

Le persone alleate pur non vivendo una situazione razziale o discriminatoria non la sopportano, c’è però chi interviene per principio o per solidarietà, chi non riesce a “scattare” di fronte ad una situazione di disagio che si crea a qualcuno che si conosce e si ripercuote di conseguenza a chi assiste.

Nell’articolo sono riportati esempi ma anche testimonianze di molti ricercatori e ricercatrici nel campo delle scienze sociali, psicologiche e educative. È chiara la necessità di un lavoro su se stessi per chi deve imparare a rispondere alle micro-aggressioni. Gli alleati, spiega un’educatrice, potrebbero essere una risorsa importante per essere stimolati ad agire. Gli alleati potrebbero essere gli amici, i colleghi, vicini di casa e conoscenti che vi conoscono e vi stimano.

L’altro elemento, si legge nell’articolo, è lavorare sulla mente (riqualificare il nostro cervello) per “stabilire nuovi modelli di comportamento” accettabili e non accettabili, quasi una selezione di frasi, eventi o stereotipi che si potrebbero sentire e non si vuole più subire.

Iole Di Cristofalo
Iole Di Cristofalo
Articolista e web copywriter