Verbali Cts desecretati e possibile ritorno dei Pm, il governo ha paura

Il Messaggero anticipa il rischio imminente che i pm tornino alla carica con il governo sulla mancata istituzione delle zone rosse bergamasche, ecco i retroscena

La desecretazione dei verbali del comitato Tecnico Scientifico (Cts) possono far tornare i Pm all’attacco, perché le carte alimentano i dubbi sulle mancate zone rosse bergamasche, da allestire in Val Seriana, i giorni persi senza decidere scatenano crescente indignazione e il governo Conte adesso ha paura.

I verbali Cts ora pubblici alimentano dubbi e reazioni. Ecco il retroscena

Sono passati solo pochi giorni dalla pubblicazione dei verbali, con annesse critiche per i documenti mancanti sulle zone rosse mai istituite ad Alzano Lombardo e Nembro, che arrivano nuovi problemi, nonostante la sicurezza ostentata da Giuseppe Conte nel difendere il suo esecutivo.

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In effetti, molti obiettano che i documenti sono stati divulgati dopo un ping pong di iniziative legali, sentenza del Tar, ricorso al Consiglio di Stato del governo e infine interventi parlamentari e del Copasir che, alla fine, hanno sbloccato la situazione.

Quello che si legge nelle carte non depone a favore del Conte 2, dato che il Cts aveva proposto già il 3 marzo l’istituzione delle zone rosse, il giorno dopo il ministro della Salute Speranza aveva affrontato la questione con la Regione Lombardia e il 5 era addirittura arrivato un contingente di 250 agenti e militari pronti ad ogni evenienza, ma l’ordine del governo non è mai arrivato.

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Le dichiarazioni di Conte ai Pm

Il Cts redige il verbale sulle zone rosse da istituire nel bergamasco il 3 marzo ma il 9 Conte ignora l’opzione e decide il lockdown generale per l’Italia. Un intervallo di parecchi giorni in cui l’esecutivo avrebbe potuto decidere di seguire le indicazioni degli esperti, ma non lo ha fatto e molti ritengono che sia sfumata un’occasione decisiva per limitare la diffusione del Covid-19, anche perché erano già in lockdown Codogno, Vo’ Euganeo e la bassa lodigiana, quindi esisteva già il precedente a cui ispirarsi.

A questo punto, le dichiarazioni rese da Conte al Pm di Bergamo sembrano contraddirsi perché trapela una sua dichiarazione secondo la quale non avrebbe mai ricevuto il verbale del 3 marzo, salvo poi correggerla precisando di averlo letto solo il 5. Ma, anche in questo caso, i militari erano già sul posto per cinturare eventualmente il focolaio bergamasco. Nonostante Conte replichi di non poter confermare le dichiarazioni rese al magistrato, perché coperte da segreto istruttorio, e bolli come “sonora sciocchezza” l’ipotesi di aver mentito, resta il mistero del verbale eventualmente consegnato in ritardo e per colpa di chi.

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La ricostruzione del Messaggero

E’ probabile che il 3 marzo fosse già tardi perché sarebbe stato meglio agire già in febbraio, dato che la situazione epidemiologica in molte zone del Nord era già fortemente compromessa, ma ora il Messaggero offre un nuovo contributo con il pezzo di Marco Corti dal titolo eloquente: “Zone rosse Lombardia, ora il governo ha paura: i Pm torneranno alla carica

Corti precisa che il premier ha più volte ribadito di essersi sempre assunto “la responsabilità politica delle decisioni” quindi il Cts che poteva offrirgli solo un contributo consultivo, ma spettava poi al governo fare la sintesi, quindi l’opposizione sottolinea che le scelte di Conte spesso non ricalcavano le raccomandazioni degli esperti scientifici e le zone rosse bergamasche lo dimostrano.

Ma proprio quella finestra di alcuni giorni, trascorsi senza decidere nulla su Alzano Lombardo e Nembro, è il vulnus della difesa giuridica del premier e Corti la riassume come segue: “Proprio quei quattro giorni di rinvii e di “frattanto” pesano nell’inchiesta della magistratura, scatenano l’indignazione delle famiglie nella bergamasca che hanno perso i propri cari e preoccupano il presidente del Consiglio“.

Le conseguenze economiche e il ritorno a breve dei magistrati

Al problema sanitario e giuridico si aggiunge anche il lockdown generalizzato che ha coinvolto molte regioni solo sfiorate dal coronavirus ma, al pari delle più colpite, hanno affrontato la chiusura forzata con il rischio che molte aziende non riusciranno a recuperare il fatturato perduto. Non a caso, l’Istat paventa il rischio di fallimento per il 38% delle micro imprese, cioè circa un milione e settecentomila in totale, con ripercussioni economiche devastanti.

La maggioranza giallo-rossa è quindi appesa a un filo e la difesa di Conte non sembra troppo convincente, specialmente ora che, dopo l’audizione del premier e dei ministri interessati di fronte alla Pm di Bergamo Maria Cristina Rota, i magistrati potrebbero tornare presto alla carica con nuove domande scomode sulla tragica vicenda della Val Seriana.

Le conseguenze politiche

La tensione nella maggioranza giallo-rossa inizia a tagliarsi con il coltello, considerando che le conseguenza economiche si faranno pesantemente sentire e la questione dei pieni poteri attraverso i dpcm di Conte sono al centro del dibattito. Italia Viva di Matteo Renzi, forse per tirarla in lungo e marcare le distanze, chiede una commissione d’inchiesta che, in ogni caso, il premier subirebbe come una critica al suo operato.

Partito democratico e 5Stelle tentano una difesa d’ufficio e il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini attacca tutti coloro che, secondo lui, criticano con il senno di poi, mentre il sottosegretario per gli affari regionali e autonomie Stefano Buffagni dichiara: “La politica ha il diritto e il dovere di fare scelte, motivandole, dopo aver sentito i tecnici e non adeguandosi ai loro pareri”.

L’opposizione punta, secondo il Messaggero, a presentare già a settembre una mozione di sfiducia al premier motivandola con la mancata pubblicazione di tutti i verbali del Cts fin da subito, compresi quelli su Alzano Lombardo e Nembro, ma dovrà fare attenzione a non rafforzare Conte, provocando nella sinistra la reazione di fare quadrato per mantenere in vita l’attuale governo il più a lungo possibile.

I punti caldi della discussione

Il dibattito ruoterà ovviamente intorno al lockdown generale, non preceduto dalla limitazione mirata dei focolai lombardi, e agli annunci di chiusura di tutta la Lombardia che ha fatto scattare l’assalto ai treni da Nord a Sud con conseguente diffusione del Covid-19. Inoltre, la mancata prevenzione sui primi focolai ha indotto il governo, secondo il centro-destra, a non chiudere subito tutto le aree più a rischio e a riaprire l’Italia troppo tardi per evitare il contraccolpo economico.

Senza contare che regioni come la Liguria sono finite nel caos dei trasporti in piena stagione turistica per la gestione improvvisata delle manutenzioni autostradali dopo il lockdown e il governatore Giovanni Toti può aprire un altro fronte caldo, perché sta valutando un’azione giudiziaria per la richiesta di danni, chiamando in causa il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, per le mancate promesse di risolvere il problema della viabilità già a inizio luglio.

Quindi il governo teme ora una manovra di accerchiamento tra probabile ripresa di inchieste giudiziarie, attacco duro delle opposizioni, prospettiva poco incoraggiante delle elezioni regionali, ed emergenza economica d’autunno. L’equilibrio politico sempre più precario della maggioranza può saltare all’improvviso sotto il peso delle crescenti contraddizioni, nonostante Conte si spenda in tutti i modi per gettare acqua sul fuoco.