Al Parlamento si gioca a scacchi. E gli italiani?

Le strategie a discapito degli italiani

La spiegazione di questa crisi di governo aperta da Salvini sono i troppo “NO” dei 5 Stelle. Per il Capitano era impossibile andare avanti e realizzare il programma di governo, la volontà di quel 17,4 per cento d’italiani che il 4 marzo ha messo la croce su Alberto da Giussano. La scelta più corretta da fare è ritornare al voto – dice Salvini – e chiedere al popolo di sbrogliare la matassa, decidere chi deve “comandare”.

Salvini si propone Premier

Certamente questa è una scelta onesta, chiara, che tiene conto anche di un altro elemento importante: i sondaggi. La Lega è al 38% e ciò garantisce, in caso di vittoria, una riconferma degli attuali Ministri e un ulteriore ampliamento di deputati e senatori. Un rischio calcolato. Salvini si propone immediatamente quale Premier, a sostituire Conte e ipotizza ai suoi che si potrebbe anche correre da soli.

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Tutto perfetto per Salvini e Co. se non ci fossero alcuni impedimenti a mettere il bastone tra le ruote: come dice la Costituzione, e con buon senso, il Presidente Mattarella deve verificare se può coagularsi un’altra maggioranza, prima di sciogliere le Camere e ridare la parola ai cittadini. Com’era facile da immaginare, questa nuova maggioranza esiste sulla carta e si chiama Movimento 5 Stelle, PD e Leu, con la Lega beffata e fuori dai giochi. Dalle stelle alle stalle o, se preferite, chi troppo vuole, nulla stringe. Gli elettori del centrodestra saranno contenti: prima ingoiano un’alleanza innaturale con i grillini che, per ideologia di fondo e provenienza di tanti suoi iscritti, sono più vicini alla sinistra che non a Berlusconi o alla Meloni, e poi la trovata di Salvini, ora, che potrebbe riportare al governo Renzi e i suoi. Magari anche lo smacchiatore di zebre e “baffetto”. Ma andiamo per ordine.

Salvini e la riduzione dei parlamentari

Il Capitano, resosi conto che l’azzardo ferragostano non si sta sviluppando secondo il suo desiderio, ieri lancia ai grillini una proposta shock: riduciamo subito i parlamentari – cavallo di battaglia dei pentastellati – e andiamo a votare il giorno dopo. Sono le 18,30 e l’Aula di Palazzo Madama è gremita, tutti hanno obbedito all’ordine dei loro condottieri: niente spiaggia e ombrelloni ma a Roma. Il centrodestra chiede di calendarizzare subito la mozione di sfiducia al premier Conte, per accelerare i tempi, ma la nuova maggioranza, prevista da Renzi, con 161 voti boccia la proposta e si va a martedì prossimo, alle 20,15. La paura serpeggia tra i banchi della Lega e Salvini gioca allora la carta del taglio dei parlamentari e poi il voto.

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La fretta di andare alle urne

Questa fretta delle urne è dettata da tanti motivi, non ultimo che sulla cresta dell’onda non si rimane in eterno e, prima o poi, il consenso non sarà così ampio. A dire il vero, sta già calando, perché gli italiani sono stanchi di una campagna elettorale infinita e di non vedere mai un problema risolto in modo serio. C’è poi la questione dell’aumento dell’IVA, che potrebbe non essere neutralizzato e ciò significa altro denaro sfilato dal portafoglio dei contribuenti. Il primo avvertimento di questo disagio s’avverte proprio sul mezzo di comunicazione più usato da Salvini: i social. Qualcuno afferma che c’è stato un calo di 15 mila “like” sulle pagine di Salvini e la discussione è piuttosto accesa tra i simpatizzanti del Carroccio.

Com’era logico prevedere, Mattarella fa un salto sulla sedia dalla residenza alla Maddalena. C’è un precedente, quello della riforma costituzionale del 2005, ma la questione è un’altra, di sostanza e non di forma. Il taglio dei parlamentari è una riforma importante, strutturale, che modifica in profondità le regole del Parlamento.

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Può essere trattata come una “leggicula” che stabilisce la dimensione delle zucchine da vendersi al mercato? Se Di Maio accettasse, il calendario, secondo il costituzionalista Stefano Ceccanti dovrebbe essere: «Tre mesi per chiedere il referendum; fino a un mese per la Cassazione per esaminare le eventuali richieste e qualche altro giorno per eventuali ricorsi; fino a 60 giorni per indire il referendum; fra 50 e 70 giorni per svolgerlo; alcuni giorni per la proclamazione del risultato e poi per eventuali ricorsi; poi qualche giorno per la proclamazione; quindici giorni di “vacatio” e due mesi per i collegi». Tra i cinque e i sei mesi totali, ma secondo Salvini si approva in un giorno e si va alle urne il giorno dopo. C’è poi da ridisegnare tutti i collegi, una robettta.

Insomma: ma chi consiglia il Capitano? Troppo sole? Delirio d’onnipotenza?

Un esponente leghista, che non vuole essere citato, svela una possibile soluzione dell’arcano: lasciare al PD e ai grillini il compito di scontrarsi con l’Europa e redigere la nuova legge di bilancio, che sicuramente metterà le mani nelle tasche degli italiani. Sarà la loro pietra tombale! La Lega e tutto il centrodestra – che chiede di andare al voto al più presto possibile e certamente non può essere accusato di codardia, di fuggire dalle responsabilità – non avrà alcun onere. Sono lo schieramento che ha le soluzioni per evitare il disastro economico e rilanciare l’Italia, azione impedita dai “NO” dei grillini e che, con coraggio e onestà, hanno mollato la poltrona per ridare la parola al popolo.

In sintesi, la “strategia Raggi”, quella che non impegnò molto i partiti storici nelle Amministrative romane, per fare in modo che le difficoltà dei grillini a governare la Capitale ridimensionassero il loro consenso. Per essere ancora più chiari, la mossa di Salvini aveva questo obiettivo: se si va ad elezioni anticipate, con il 38% della Lega, più Forza Italia e Fratelli d’Italia, il centrodestra unito torna a governare e, considerati i tempi tecnici, non sarà ritenuto responsabile dell’aumento dell’IVA. Se si forma una nuova maggioranza, saranno piddini e pentastellati ad avere la gatta da pelare e perderanno consenso. Si vince in ogni caso. Scacco matto.  Visto che una nuova maggioranza appare all’orizzonte, okkey, bella mossa: a volte si deve pazientare per andare a dama (la strategia del “tanto peggio, tanto meglio”, che si credeva appartenesse alla fazione opposta), ma intanto che ne è degli italiani durante questa partita a scacchi? Pagano. In ogni caso. Il debito pubblico è da record e i 23 miliardi da qualche parte devono saltare fuori, più tutto il resto…

Massimo Carpegna

Massimo Carpegna
Massimo Carpegnahttp://www.massimocarpegna.com
Docente di Formazione Corale, Composizione Corale e di Musica e Cinema presso il Conservatorio Vecchi Tonelli di Modena e Carpi. Scrittore, collabora con numerose testate con editoriali di cultura, società e politica.